Sono da poco passate le cinque di pomeriggio quando arrivo al Community Center di Kibigija, uno dei cinque villaggi che compongono Jambiani. Si trovano tutti su una stessa linea retta che da nord si dirige verso sud, o viceversa. Il centro si affaccia sulla strada principale e, come spesso accade quando si incontra qualcosa di nuovo e non si sa bene cosa aspettarsi, inizio a pescare tra i ricordi per capire a cosa può assomigliare. Di primo acchito, questo semplice edificio colorato su cui si posa un makuti in lamiera azzurra, con a fianco quello che può sembrare un campetto da calcio chiuso tra quattro mura, mi ricorda i ricreatori che ho incontrato a Trieste.
Avvicinandomi, vedo che sul muro esterno campeggia una scritta colorata: Move Zanzibar.
Incuriosita dal graffito e dalla musica che sento provenire da dentro il quadrilatero, timidamente mi affaccio. Rompere il ghiaccio è per me sempre la parte più difficile, ma la buena onda che sento provenire da questo posto guida i miei passi. Quando mi vedono lì un po’ impacciata, un paio di ragazzi mi vengono incontro, salutandomi con il classico Jambo, una parola nota a chiunque abbia passato qualche ora in un villaggio africano. Rispondo con un filo di voce Habari, come avevo imparato a fare qualche giorno prima, sperando di ricordarmi correttamente e di non dire fesserie. Loro sorridono, capiscono il mio imbarazzo e lo allontanano con un sorriso disarmante.
Parlando in inglese mi invitano a entrare e mi indicano un muretto su cui posso sedermi, facendomi cenno di aspettare un attimo. Nel frattempo uno di loro esce dalla stessa porta da cui sono entrata io e l’altro torna ad allenarsi con un gruppo di ragazzi che stanno provando dei numeri da acrobata. Mi guardo attorno e ancora non capisco bene in che luogo sia ma l’atmosfera è piacevole e ricca di allegria: ci sono ragazzi che si allenano, altri che insegnano ad alcuni bimbi a fare delle piccole acrobazie, altri ancora che suonano i djembe. Decido così di mettermi comoda e godermi lo spettacolo.
Un movimento che unisce i giovani di Jambiani
Dopo qualche minuto mi accoglie un grande sorriso. È Clalence Lutumo. Clalence, 27 anni, è la mente – e il collante – dietro il Move Zanzibar. Mi racconta che il Move Zanzibar è un movimento di giovani che ha come obiettivo ispirare ed educare la gioventù di Jambiani attraverso lo sport, l’attività fisica e la consapevolezza di quali siano i propri talenti.
Ex ragazzo di strada, Clalence è arrivato qui cinque anni fa dal continente, spinto dal desiderio di creare qualcosa che potesse migliorare le condizioni dei giovani attraverso la pratica di quella che è la sua passione, oltre che la sua vocazione: la ginnastica acrobatica. All’inizio, lui e i ragazzi si incontravano sulla spiaggia cambiando location ogni giorno in modo da coinvolgere sempre più persone. Queste infatti non erano solo occasioni per allenarsi in vista delle performance per i turisti nei resort, ma diventavano un vero e proprio momento di integrazione positiva tra i più giovani del villaggio. Si è così creata nel tempo una comunità nella comunità dove giovani e bambini potevano passare delle ore sviluppando le proprie capacità motorie e scoprire i propri talenti.
Tre anni fa Clalence ha chiesto alla comunità di poter risistemare quello che ora è il Community Center – all’epoca un luogo abbandonato in cui oltre ai muri esterni non c’era praticamente nulla – per creare un centro in cui poter continuare a lavorare in forma stabile con i ragazzi del villaggio. La comunità, che lo aveva seguito negli anni precedenti in questo suo empowerment dei giovani, ha accettato e loro, pole pole (piano piano) basandosi solo sulle proprie forze, hanno iniziato a risistemarlo, dandogli la forma che ha oggi e facendolo diventare un punto di riferimento per i bimbi e i giovani di Jambiani.
Nasce così il Move Zanzibar, un luogo di aggregazione giovanile in cui i ragazzi possono sviluppare i propri talenti attraverso lo sport e l’attività fisica, ma anche frequentare corsi di cucina e di inglese. Come si legge nelle loro pagine social “Il nostro obiettivo è muovere, educare e motivare la gioventù di Zanzibar”.
Clalence mi parla del Move Zanzibar con emozione e orgoglio. Da vero leader sa che il motore dietro a tutto questo è lui, ma sa anche che, senza questi ragazzi, tutto questo non starebbe in piedi. Gli brillano gli occhi quando parla di loro, dei “suoi” ragazzi ed è un’emozione ascoltarlo e rendersi conto di quanto siano riusciti a fare in questi anni per la comunità.
Move Zanzibar: gli acrobati della leggerezza
Parlando con alcuni di questi ragazzi, ho scoperto che ogni giorno alcuni di loro vengono qui – o si trovano in spiaggia – a preparare gli spettacoli di acrobazie. Sono i più grandi del gruppo, quelli con più esperienza e che giornalmente si esibiscono nei vari resort della costa. Fatto da loro ogni numero sembra semplice, nonostante si intraveda il pulsare delle vene per lo sforzo. Chi li guarda ne rimane incantato: hanno il dono della leggerezza calviniana, quella capacità di planare gli uni sugli altri e formare estemporanee figure geometriche. Hanno sempre un sorriso per chi li guarda, una gentilezza che si manifesta in ogni loro gesto e nasconde la fatica, le ore di allenamento, la determinazione.
Nei giorni seguenti sono passata diverse volte al Move Zanzibar, altre volte ho incontrato alcuni di loro in spiaggia, altre ancora in qualche parte del villaggio o durante un’esibizione. E sempre ho ricevuto da loro un grande sorriso in cambio di un mio timido Jambo.
Move Zanzibar è un vero e proprio movimento aperto a chiunque voglia toccare il cielo con un dito, consapevole però della necessità di tenere sempre ben saldi i piedi sul terreno, perché è proprio questo terreno che, dopo ogni salto, a luci spente, ci accompagna verso un nuovo giorno.