Natascia Aquilano

La nostra unica certezza

Intervista a Natascia Aquilano, fotografa e autrice di DooG Reporter, su questo complesso periodo storico a causa del COVID-19.
Baobab a Orchha, Madhya Pradesh, India | ©Natascia Aquilano, 2020

Questo articolo è disponibile anche in: English

Abbiamo chiesto ai nostri autori e al nostro network di rispondere a tre domande su come stanno affrontando questo difficile momento storico. Ecco qui l’intervista alla fotografa e autrice di DooG Reporter NATASCIA AQUILANO.

C’è una bellezza del mondo, anche banale, che hai riscoperto in questo periodo? 

Vorrei rispondere a questa domanda partendo da ciò che mi piace meno in questo periodo: i fotografi, prima ancora che la fotografia. Vedo tanta ostentazione e poco sentimento. Giusto fotografare e documentare – la fotografia in fondo è storia collettiva – ma il fanatismo fotografico credo lasci il tempo che trova. Anch’io non vedo l’ora di scattare, mi prudono le mani, ma la mia urgenza è più capire cosa voglio raccontare esattamente e come rendere il mio racconto il più sincero possibile. E questo periodo mi sta aiutando. Sono molto concentrata sull’osservazione. Ho riscoperto la bellezza di un quotidiano atemporale che prima chiamavo noia. Ho imparato a rallentare, a godermi la colazione senza guardare l’orologio o peggio ancora il telefono. In ultimo, ma non per importanza, sto imparando a distinguere cosa e chi mi manca davvero da cosa e chi erano semplici abitudini travestiti da bisogni. Oggi più di ieri “siamo casa”. Quella Home che mi piace tradurre con “Ho Me”, perché di questo si tratta, l’unica certezza che abbiamo ora in queste mura, siamo noi stessi. Onestamente spero che questo periodo comunque drammatico finisca presto, siamo animali sociali, io ho bisogno degli altri, della strada, di voci, odori, sguardi, sorrisi, ma allo stesso tempo mi auguro di non perdere le tracce di questa mia riscoperta.

Come credi la tua professione sia cambiata o cambierà?

Sicuramente la fotografia come pratica artistica ha subito un cambiamento, in meglio e in peggio. In molti, impossibilitati a muoversi, hanno sperimentato e continuano a sperimentare la fotografia all’interno della propria casa. Ho visto tanti cimentarsi tra quattro mura e produrre nuove forme estetiche del loro quotidiano. Cose viste tutti i giorni e a cui non si dava minimamente importanza. Questo se vogliamo, da un punto di vista più intimo e personale è interessante, è un allenamento, che può dar vita a nuovi progetti o offrire spunti per un nuovo approccio al proprio lavoro. In generale molti settori della fotografia hanno e stanno subendo tantissimo le conseguenze del Covid-19. Il fotogiornalismo è quello che ancora resiste, ma che nell’insieme, riguarda pochi. Non so dire come la fotografia è cambiata, sta cambiando o cambierà, sicuramente è stata, è, e continuerà ad essere, in qualche modo, una testimonianza del mondo che cambia e non riesco, pur sforzandomi, a immaginare un mondo privo di essa, un mondo senza storia.

Un’immagine, un libro e una canzone che rappresentano per te questo periodo.

Indubbiamente la prima immagine che mi viene in mente pensando a questi giorni è quella di un mondo che, per sconfiggere il male, si MASCHERA per (il) bene. A volte anche troppo! 

Un libro che mi riporta inevitabilmente a questo periodo è La montagna incantata di Thomas Mann. Un testo che parla appunto di isolamento, di un sanatorio, un luogo fuori dal tempo, dove tutto può diventare possibile, di una malattia vista più come una condizione mentale, che fisica e anche di amore, per fortuna!

Un brano musicale ricorrente in questi giorni è Spinning Song di Nick Cave and The Bad Seeds. Una specie di mantra mattutino a cui ormai sono abituata. Io poi vado a periodi, è possibilissimo che domani me ne dimentichi e inizi con una nuova ossessione.

Testo:  Natascia Aquilano
Testo originale in Italiano - Traduzione interna
Italia
Roma, Italia
DooG's Autore
Natascia Aquilano
Italia
Photoreporter

Immagini e Parole

La curiosità è cultura

Mercenari dell’ideale, chiamati soldati, volontari, eroi, violenti o coraggiosi, ma anche padri, figli, compagni, fratelli.
Otto storie di lavoratori a Johannesburg: tutte diverse ma tutte simili, storie di speranze, sogni, necessità e fiducia.
HoMe racconta la storia della perdita di una persona cara attraverso gli attrezzi da lavoro che questa ha lasciato.
Le storie di Azma, Sukaina, Abdellhai, Kaver, Khalia, Tawalo, Leila, e degli altri rifugiati Saharawi al confine tra Marocco e Mauritania

Sostieni un giornalismo indipendente

DooG Reporter | Stories to share

Tutti i diritti riservati ©2024