Diari dalla Cambogia | Phnom Penh, 07 settembre 2019
Sono arrivato in Cambogia settimane fa con le parole e le testimonianze di Terzani ben scolpite nella memoria. E sarebbe stato impensabile il contrario: avevo semplicemente “fatto i compiti”. Quello che non avevo pensato di fare (e infatti non ho fatto) era cercare la Cambogia di Tiziano, le strade da lui percorse, il suo punto di vista e il suo raccontare. A poco più di 40 anni dai primi capitoli di Fantasmi – Dispacci dalla Cambogia sarebbe stato un lavoro inutile e – detto tra noi – pure sciocco.
Era chiaro sin da principio che Cambogia 2019, per DooG Reporter e per chi è voluto venire con me in questo percorso, significava immergersi nella scoperta di un Paese distante anni luce da quanto riportato nei molti blog di viaggio o dagli annunci per backpackers in cerca di avventure a basso costo (o di ragazze, in molti casi).
Con le parole di Terzani nella mente e liberi di accogliere ciò che accadeva lungo la strada, perseguendo l’obiettivo che mi ero prefissato: raggiungere la parte selvaggia della Kampuchea – il Mondulkiri, l’unico peso reale di questo viaggio sono stati i grammi della macchina fotografica.
Non è servita la grande umidità o le forti piogge della stagione monsonica ormai giunta alla fine, le lunghe o piccole traversate con mezzi locali o barche di legno ormai marcio, il fango della foresta, il gran caldo della città e il freddo dell’altipiano. Non sono servite nemmeno le piccole o grandi presenze che la notte visitavano le nostre stanze (Alida ha dato un nome alla tarantola che abitava il suo bungalow a Kampong Cham), e nemmeno i dollari falsi prelevati all’ATM di un’importante banca internazionale.
A oggi, 8 settembre, non c’è cosa di questo paese che sia stata in grado di alterare la costante serenità e armonia di quel sentimento proprio di chi del viaggio ne porta i segni. E che lo fa sentire a casa anche nel cubicolo di un ostello e sulla poltrona sgangherata di un pullman.
E poco importa se rimani esterrefatto dalla totale mancanza di regole stradali e scopri che andare contromano è semplicemente una corsia da utilizzare alla bisogna. Se l’igiene ambientale – nel paese – è spesso un’opinione personale.
Se i prezzi delle cose non hanno una logica e mangi nei mercati locali con poco più di un dollaro, una birra costa 0,75$, e ti compi un iPhone originale dai cinesi per poco più di 150$; e le mille mila altre cose che contribuisco nel rendere la Cambogia il paese che, scrollatasi di dosso il sanguinoso genocidio di 40 anni fa dove quasi 3 milioni di cambogiani furono sistematicamente trucidati per una folle idea firmata Pol Pot, ha saputo guardare avanti fino a divenire, oggi, un paese vibrante.
Capace di essere il quinto fornitore di riso della Comunità Europea, dopo USA, Pakistan e India, con un programma nel breve termine di aumento delle esportazioni a vantaggio dei nostri novelli MasterChef; nel mentre qui a casa loro, il riso nemmeno lo paghi perché una ciotola di steamed rice non si nega a nessuno.
Questo mio non è un sentimento frutto di quel tipico atteggiamento esterofilo che, in quanto italiano, è parte del DNA. Questo mestiere mi ha dato la possibilità di girare una buona fetta di mondo e di farlo sempre nello stesso modo: dal di dentro. Così tanto dal di dentro cha quando mi capita di sfogliare una Lonely Planet di un paese già percorso mi chiedo se stiamo parlando dello stesso luogo.
Proseguo il mio lavoro qui in Kampuchea, nelle strade dove se guardi una persona un secondo di troppo questa ti sorride. E già questo è sufficiente per sentirsi in pace con questo luogo. Ma pure in colpa.