Sul soffitto Il ventilatore a pale smuove l’aria della stanza, filtrata dalla zanzariera che ricopre il grande letto a baldacchino. E mi godo la scena che ai miei occhi appare tanto naturale quanto strana, nella mente le note di Jim Morrison: This is the End pur con un sentimento ben diverso: la vividità dei i colori ne fanno da contrasto.
È ormai mezzanotte quando si va a dormine – cosa abbastanza inusuale in Africa – e il silenzio tutt’intorno ha un che di familiare. Alle 4 del mattino i toni decisi del muezzin rompono quel silenzio che pure gli abitanti del palmeto sembravano rispettare, e la preghiera del giorno in erba accompagna il timido albeggiare che a breve infuocherà la spiaggia di Jambiani dipingendo, ancora una volta ed una volta ancora, quella magnifica tela a tre colori che ogni giorno si ripete: il rosso del cielo, il turchese del mare, il bianco della sabbia.
L’Africa – volendo generalizzare e per un istante negare i pensieri di Kapuściński – è una grande maestra, che non smette mai di ripetere un concetto tanto semplice quanto incomprensibile: in Africa il tempo non esiste. O almeno non esiste nella concezione che abbiamo noi, uomini bianchi.
In Africa il tempo è soggetto a un evento: nascita, matrimonio, funerale, guerra, carestia, buon raccolto. Tutto ciò che accade nel mezzo è un periodo sospeso che va affrontato e non necessariamente vissuto. Un’attesa dell’evento con il desiderio che possa essere ricordato. E da lì, diviene una milestone per la conta del tempo, per il metro del ricordo.
Il tempo non è un soggetto in Africa. E per mantenere fede alla consuetudine locale, appena atterri e metti piede sul suolo della Terra riconosciuta come Madre, oltre al caldo e all’umidità del luogo, rientri in quella condizione mentale e fisica che in Africa ti appartiene: il tempo non ha fretta. E pur nel tuo sforzo di accelerare le cose, Lei saprà costantemente riportarti al suo livello, alla sua naturale condizione: le cose accadono. Tu accettale.
Iniziamo da qui i racconti di Jambiani Notes a corredo del lavoro che stiamo facendo a Jambiani con il Training Camp e il progetto Taka Taka