Il ritmo di un treno di terza classe scandisce il nostro viaggio verso il confine d’acqua che separa la Thailandia dal Laos. Un migliaio di chilometri e più di 9 ore di strada per raggiungere il Mekong. Un sottofondo costante delle ruote, spinte dal motore a nafta, che stridono sui binari. Ma, come in una grande orchestra, la melodia principale non viaggia mai da sola. Allora ecco le voci degli ambulanti che in coro perlustrano i vagoni, intenti a vendere cibo e bibite fresche. Il sibilare dei ventilatori attaccati al soffitto poco può contro il vento che, quasi a rubare la scena, irrompe senza bussare all’interno delle carrozze. Non un vetro a chiudere le finestre e con le folate più forti entra anche qualche foglia, insieme a sfortunati insetti risucchiati dal vortice d’aria. La frenesia di Bangkok, sempre più lontana, lascia spazio al verde tropicale, a volte fitto, altre sostituito da immense risaie e pascoli.
Il caldo no, ci ha inseguito con insistenza, e mentre ci scioglie anche la pelle, non resta altro che guardare fuori. Solo pochi, piccoli paesi, villaggi che puoi circoscrivere con un battito di ciglia: una vita lenta scorre accanto alle rotaie. Ad ogni passaggio a livello il fischio del treno annuncia il suo arrivo e la frenata lascia l’odore acre del ferro che consuma la ferrovia. Sì, perché gli odori sono le comparse in questo bizzarro concerto diventato opera. Tanti odori che bombardano l’olfatto allietandolo e molto spesso fanno storcere il naso. Se chiudo gli occhi mi sembra di essere già scesa dal treno e di guardarlo scivolare via.
Un luogo di confine
Ma a riportami alla realtà ci pensano le scomode sedute in plastica dura e gli scossoni delle rotaie che facilmente allontanano ogni desiderio di sognare. Non so bene quando e come siamo arrivati. Se non fosse che Nong Khai è il capolinea, forse sarei ancora su quel treno, cercando di liberarmi dalla stretta incessante del suo ritmo di terza classe. E che strano camminare di nuovo, questa volta seguendo il proprio ritmo. Un breve tratto prima di salire sul tuk tuk che ci accompagnerà in un luogo sereno per rilassare gli occhi, le orecchie e perché no, anche il naso. Impennato sotto il peso dei nostri corpi e dei tanti bagagli, il nostro tuk tuk si muove lento tra le strade della cittadina di confine. Il tratto è breve, arriviamo in pochi minuti, ma non è ancora il momento di riposare.
A scuotere i nostri animi questa volta ci pensa il Mekong: la madre delle acque si apre davanti a noi, unica frontiera per il Laos, che intravediamo sulla riva opposta e che di lì a breve attraverseremo. Ancora qualche giorno e le sue acque, all’apparenza calme, ci traghetteranno altrove, verso nuovi mondi con un ritmo tutto da scoprire.