Natale ortodosso a Lalibela, in Etiopia
Durante l’ultima settimana di dicembre, Lalibela diventa il centro del mondo per gli etiopi di fede ortodossa. La famosa cittadina situata a nord, nella regione Amhara, diventa la meta per centinaia di pellegrini che, settimane prima del sette gennaio, si mettono in cammino per raggiungere le chiese scavate nella roccia e celebrare lì il Natale. Dal finestrino del piccolo furgone arrugginito che mi sta portando alla cittadina immersa fra le montagne, mi appaiono dopo pochi chilometri alcuni pellegrini camminare allineati all’orizzonte, avvolti nelle loro vesti bianche e con l’immancabile bastone che funge da supporto. I pellegrini arrivano da tutte le parti dell’Etiopia, alcuni di loro percorrendo a piedi fino a 300 chilometri, portando con sé solo lo stretto necessario per dormire e poco altro per sopravvivere.
A mano a mano che ci avviciniamo i pellegrini aumentano fino a riempire ogni spazio utile sul terreno. Si accampano come possono attorno alle dodici chiese monolitiche e passano il tempo chiacchierando, pregando e aspettando di celebrare il Natale. Per molti di loro – agricoltori e allevatori – questo evento religioso è anche un’occasione per rivedere tutti quegli amici distanti che non avrebbero potuto altrimenti incontrare a causa della distanza e delle condizioni economiche. Parteciparvi è dura, ma il grande sforzo viene ripagato con una benedizione che durerà un anno intero, e questo per loro è sufficiente. Per tutto il periodo natalizio in molte chiese le messe iniziano contemporaneamente all’alba e continuano una dopo l’altra per tutto il giorno.
Nel magnifico scenario che raccoglie dodici delle più belle chiese scavate nella roccia presenti al mondo, tutto sembra amplificato e allo stesso tempo congelato in un antico passato. Sin dal mattino presto ci si mette in coda con decine di altre persone lungo questi piccoli e stretti tunnel scavati nella roccia, a volte larghi solo quanto una persona e spesso neanche troppo alti. I corpi sono schiacciati, gli odori intensi. Seguendo l’odore ammuffito dell’aria umida che arriva dalla fine del tunnel, si raggiunge l’entrata sospinti dalla massa. Scarpe e sandali vengono lasciati all’esterno in segno di rispetto e si entra. Credente o meno, è come essere riportato indietro di 2mila anni, fra quei pastori che decisero di mettersi in cammino dopo aver visto la stella cometa per andare a fare visita a Gesù bambino. Ogni faccia, ogni veste, ogni suono racconta una storia vecchia migliaia di anni, anni di storia scavati nei volti delle persone come le chiese scavate nella roccia delle montagne, entrambi parte della memoria profonda dell’Etiopia.