Io non sono di Roma. Però a Roma ci vivo, e ci vivo da tanto. Capire una città come Roma non è facile, e lo è ancora meno se non ci si è nati. Si deve andare oltre quella superficie patinata che tutti conoscono e respirare l’aria di quelle strade in cui, se non sei di qui, non ci metti piede. Il Quadraro è il quartiere più vasto e densamente popolato d’Europa. È un quartiere popolare di Roma, una città nella città. Quando nasci e cresci in un posto così è difficile avere punti di riferimento. Molti si perdono e basta. Cercare di sopravvivere è una necessità. Lo si fa nei modi più disparati e uno di questi è lo sport. Per il Quadraro la parola sport vuol dire solo una cosa: Pugilato. Per quarantacinque anni in via Treviri, alle spalle di Largo Spartaco, c’è stato un parcheggio abbandonato. Nel 2009 quel parcheggio è stato occupato ed è diventato il punto di riferimento dell’intero quartiere. In quel parcheggio è nata la Quadraro Boxe. Non è una palestra come le altre: come il suo quartiere è popolare. Una palestra popolare in un quartiere popolare.
Lottare con grazia
La bellezza del lottare con grazia anche davanti agli innumerevoli scivoloni della vita è una lezione vecchia di almeno cento anni che Hemingway e altri hanno marchiato a fuoco nell’immaginario della gente e nelle pagine dei loro libri. Pensare che fosse plausibile o quanto meno lontanamente avvicinabile come concetto lo trovavo quasi impossibile. Invece è successo. Mi ritrovo dal 2020 con il gruppo di pugilato di Silvano Setaro, maestro della Quadraro Boxe. A lui non interessa chi tu sia, da dove vieni o cosa vuoi fare nella vita. A lui l’unica cosa che importa è che tutto questo lo puoi fare davvero ma devi metterci tutto te stesso. Se in un anno ho capito qualcosa da lui è che il pugilato non è uno sport fisico, di contatto, violento. Il pugilato è uno sport dell’anima che ti aiuta a lottare con grazia contro gli innumerevoli scivoloni della vita. C’è chi è più bravo a farlo o chi, come tanti, purtroppo rinuncia. A non averci rinunciato è Armando.
Armando, uno del quartiere
Armando è un ragazzo di ventuno anni. Armando è il tipico ragazzo del quartiere. Tatuato, con i capelli tinti, ascolta la musica del momento, gioca ai videogame. Armando, però, lotta. Lotta perché è un pugile professionista, lotta per non perdersi, per continuare dove tanti prima di lui si sono fermati. Armando ha talento e lo sa da quando era poco più di un bambino. Ma sa anche che deve coltivare questo talento con fatica e costanza per non lasciarlo sfiorire. Quando aveva tredici anni si iscrive in palestra per noia, come capita a tanti ragazzi, e lì capisce di avere questa vocazione. Da quel momento il pugilato diventa la sua unica motivazione di vita. Quei quattro angoli, quelle dodici corde, quel sacco, quei guantoni, quel sudore, quelle fasciature, quelle cicatrici, quegli occhi neri. Da quel momento Armando vive per questo. A volte Armando pensa di non essere all’altezza nonostante i sessanta incontri all’attivo, di cui gli ultimi tre da professionista. Da professionista non ha mai perso. Da dilettante solo un paio di volte. Ma Armando ha talento. Silvano lo sa, e anche Armando ne è consapevole.
Dalla consapevolezza nascono le cose migliori
Il fatto che io non sia di Roma è una consapevolezza. Il fatto che Armando abbia talento è una consapevolezza. Io ho trovato la mia Roma. Armando ha trovato il Pugilato. A volte essere consapevoli è dura. Capita che le paure di Armando si trasformino in attacchi d’ansia e in isolamento. Perché Armando è consapevole anche di un’altra cosa: del suo cognome. Il cognome di Armando non è uno qualunque. È un cognome pesante: Casamonica. Quando nasci in un quartiere come il Quadraro e ti chiami così sai che il tuo destino è già segnato, se non per te quanto meno per gli altri che da subito ti mettono un’etichetta addosso. E con un’etichetta così sulle spalle ci sono solo due possibilità: rimanerne schiacciato oppure scegliere di essere se stessi.
Scegliere di essere se stessi
Armando ha scelto la seconda. Armando Casamonica ha scelto di essere semplicemente Armando. L’ha fatto continuando ad amare la propria famiglia – i suoi più fedeli sostenitori. L’ha fatto facendosi chiamare “La Furia del Quadraro”, ma solo per i meriti sul ring. Fuori dal ring Armando lotta diversamente. Lo fa contro il pregiudizio della gente, contro ogni forma di criminalità, contro le sue paure. Armando va avanti lungo la strada che ha scelto, fino all’ultimo tintinnio del gong, fino all’ultimo minuto dell’allenamento, fino all’ultima strada del Quadraro.