Il 17 aprile 1975 segna una delle date più tragiche nella storia della Cambogia moderna: l’ingresso dei Khmer Rossi nella capitale Phnom Penh, e l’inizio di un periodo di terrore che durerà quasi quattro anni. Sotto la guida di Pol Pot, i Khmer Rossi misero in atto un programma di radicale trasformazione sociale che portò alla morte di circa un quarto della popolazione cambogiana.
I Khmer Rossi, ufficialmente conosciuti come il Partito Comunista di Kampuchea, nacquero dalle ceneri del movimento comunista cambogiano. Fondato nel 1960, il partito subì ben presto una radicalizzazione sotto la guida di Saloth Sar, meglio conosciuto con lo pseudonimo di Pol Pot. Educato in Francia, Pol Pot fu profondamente influenzato dall’ideologia marxista-leninista, tanto da sviluppare la visione di una società agraria utopica basata sul maoismo cinese. La guerra civile cambogiana, iniziata nel 1967 con la rivolta nel Battambang e la sua sanguinosa repressione, vide i Khmer Rossi combattere contro il governo conservatore del generale Lon Nol. Sostenuti dalla Cina e dal Vietnam del Nord, e approfittando del caos causato dalla guerra del Vietnam, i Khmer Rossi guadagnarono rapidamente terreno. La loro vittoria finale arrivò nell’aprile 1975, quando i ribelli entrarono a Phnom Penh senza incontrare alcuna resistenza.
L’evacuazione forzata di Phnom Penh da parte dei Khmer Rossi
Una delle prime e più drammatiche azioni dei Khmer Rossi fu l’evacuazione forzata di Phnom Penh. Subito dopo la conquista della città i soldati obbligarono milioni di abitanti, inclusi i malati e i feriti negli ospedali, a lasciare la città e a dirigersi verso le campagne. La motivazione ufficiale era che di lì a poco gli Stati Uniti avrebbero bombardato la capitale. In realtà, questa evacuazione forzata era il primo tassello del piano ordito dai Khmer Rossi per smantellare la società urbana e moderna della Cambogia di quegli anni. Nel giro di pochi giorni, Phnom Penh venne svuotata dai suoi circa due milioni di abitanti. Le condizioni di questa marcia forzata erano terribili. Senza cibo, acqua e riparo adeguati, migliaia di persone perirono lungo la strada. Le testimonianze dei pochi sopravvissuti parlano di una sofferenza indescrivibile, con persone che cadevano esauste a terra e venivano lasciate morire sul ciglio della strada.

La visione utopica di Pol Pot
Pol Pot immaginava una Cambogia agraria e pura, senza influenze straniere e moderne. Per questo le città dovevano essere abbandonate, l’istruzione e la religione abolite, e l’intera popolazione doveva dedicarsi esclusivamente alla coltivazione dei campi. Questo “anno zero” voleva un ritorno alle origini mitiche della società cambogiana.
Le brutali politiche del regime misero in pratica questa visione. I Khmer Rossi abolirono il denaro, chiusero scuole, ospedali e fabbriche, e costrinsero la popolazione ai lavori forzati nelle “cooperative” agricole. Chiunque fosse ritenuto un intellettuale o avesse legami con il vecchio governo o con forze straniere era perseguitato. Basti pensare che indossare gli occhiali, segno inequivocabile di istruzione secondo il regime di Pol Pot, poteva essere sufficiente per essere arrestati e uccisi.
Tuol Sleng, il carcere della morte
Uno dei luoghi più emblematici del terrore dei Khmer Rossi è Tuol Sleng, noto anche come S-21. Situato in una ex scuola di Phnom Penh, Tuol Sleng divenne un centro di detenzione, tortura ed esecuzione per chi era accusato di tradimento contro il regime. Le condizioni in cui vivevano i detenuti erano disumane. Le celle erano anguste, sovraffollate e i prigionieri erano sottoposti a torture sistematiche per estorcere confessioni, spesso false. Solo una manciata di prigionieri sopravvisse a Tuol Sleng. Tra questi ci sono Bou Meng e Chum Mey. Ascoltare la loro testimonianza permette di comprendere ancora più profondamente l’orrore di Tuol Sleng e l’intero regime dei Khmer Rossi.


Nato nel 1941, Bou Meng era un talentuoso artista prima dell’arrivo dei Khmer Rossi. Ed è stata proprio la sua capacità di dipingere ritratti realistici a salvargli la vita quando venne arrestato insieme a sua moglie, Ma Yoeun, nel 1977. Durante gli anni di detenzione a Tuol Sleng, Bou Meng fu costretto a dipingere ritratti di Pol Pot e di altri leader del regime. Nonostante questo subì comunque torture e sofferenze indicibili, non ultima vedere uccisa sua moglie. Dopo la liberazione Bou Meng ha dedicato tutta la sua vita a raccontare gli orrori vissuti e ha partecipato attivamente ai processi contro i leader dei Khmer Rossi.

Chum Mey, nato nel 1930, era un abile meccanico. Arrestato nel 1978, anche Chum Mey sopravvisse a Tuol Sleng solo grazie alle sue competenze tecniche, riparando macchine da scrivere e altri dispositivi utili al regime. Anche lui, proprio come Bou Meng, non venne risparmiato dalle brutali torture e vide morire sua moglie e suo figlio neonato, entrambi uccisi dai Khmer Rossi. Dopo la liberazione, Chum Mey ha scritto un libro per mantenere viva la memoria delle vittime ed è stato testimone nei processi contro i leader del regime.


Chi era Pol Pot
Saloth Sar nacque nel 1925 in una famiglia benestante della provincia di Kampong Thom, in Cambogia. Negli anni Cinquanta del Novecento, studiò a Parigi ed è lì che conobbe per la prima volta le idee marxiste-leniniste. Ne rimase affascinato e decise così di unirsi al movimento comunista. Dopo il suo ritorno in Cambogia, divenne il leader del Partito Comunista di Kampuchea e prese il nome di Pol Pot.
La visione di Pol Pot era influenzata dal maoismo cinese e dalla convinzione che solo attraverso una rivoluzione agraria radicale si potesse costruire una società comunista pura. Credeva che la modernità, l’educazione e l’influenza straniera fossero le radici di tutti i mali che assoggettavano il suo paese e, per questo, dovevano essere completamente eradicate. Durante il suo regime, Pol Pot mantenne il potere attraverso il terrore e la repressione. Il suo governo fu caratterizzato da una paranoia estrema che portò a purghe interne e all’eliminazione sistematica di chiunque fosse ritenuto una minaccia.
La sua ideologia, che combinava elementi del marxismo-leninismo con un’estrema forma di nazionalismo cambogiano, fu devastante per il paese e l’attuazione di questa sua visione ha lasciato un’impronta indelebile nella storia della Cambogia.
La caduta del regime dei Khmer Rossi
Nel dicembre del 1978 l’esercito vietnamita invase la Cambogia, e nel gennaio del 1979 il regime dei Khmer Rossi crollò definitivamente. Pol Pot e i suoi seguaci fuggirono nelle giungle al confine con la Thailandia, dove continuarono a combattere una guerriglia fino agli anni Novanta. Pol Pot morì agli arresti domiciliari nell’aprile del 1998, prima di poter essere processato per i suoi crimini.
La caduta dei Khmer Rossi rivelò al mondo l’entità delle atrocità commesse. Oltre due milioni di persone erano morte a causa delle esecuzioni, della fame e delle malattie. La società cambogiana era devastata. Le infrastrutture interne erano distrutte, le istituzioni smantellate e la popolazione decimata nel numero e nello spirito.
Il processo per ottenere giustizia per le vittime del regime dei Khmer Rossi è stato lungo e difficile. Solo negli anni Duemila venne istituito il Tribunale speciale della Cambogia per i Khmer Rossi, un tribunale internazionale patrocinato dalle Nazioni Unite e dal governo cambogiano per processare i responsabili del genocidio perpetrato durante il regime di Pol Pot e dei Khmer rossi. Alcuni dei più importanti leader del regime, come Nuon Chea e Khieu Samphan, furono condannati per crimini contro l’umanità e, successivamente, anche per genocidio. Anche Kaing Guek Eav, noto come Duch, il comandante di Tuol Sleng venne condannato.
Le testimonianza di Bou Meng e Chum Mey hanno giocato un ruolo fondamentale. La loro determinazione ha contribuito a garantire che i responsabili delle brutalità vissute dal popolo Cambogiano fossero portati di fronte alla giustizia e che la memoria delle vittime fosse preservata.


Il museo del genocidio di Tuol Sleng
Oggi il museo del genocidio di Tuol Sleng è un luogo di memoria e riflessione. Situato nel cuore di Phnom Penh, il museo conserva le celle, gli strumenti di tortura e le fotografie dei prigionieri, offrendo così una testimonianza tangibile delle atrocità commesse.
Il museo è anche un centro di ricerca e documentazione che raccoglie testimonianze, documenti e artefatti per preservare la memoria delle vittime e promuovere il racconto delle atrocità e dei crimini commessi, con la speranza che non accadano più. Attraverso visite guidate, mostre temporanee e programmi educativi, il museo di Tuol Sleng è fondamentale nell’educazione delle nuove generazioni – non solo di quelle cambogiane – e nella promozione di una riconciliazione tra popoli.


Tiziano Terzani, testimone in prima persona
Quando il 17 aprile 1975 i Khmer Rossi entrarono a Phnom Penh Tiziano Terzani, all’epoca corrispondente per il settimanale tedesco Der Spiegel, si trovava in Cambogia e fu uno dei pochi giornalisti occidentali a testimoniare in prima persona gli eventi drammatici che seguirono la caduta della città. Uno dei suoi libri che più parla di quanto accaduto in Cambogia durante il regime di Pol Pot e di cosa è successo dopo la sua caduta è Fantasmi. Dispacci dalla Cambogia, una raccolta postuma di articoli riguardanti la Cambogia, scritti tra il 1973 e gli anni Novanta. Una lettura consigliata a chi vuole approfondire questi temi.
