Il Quadraro è un libro scritto in due volumi ma rilegati tra loro. Il primo parla di tutto il suo passato, il rastrellamento, le botteghe, la solidarietà e l’unicità. Il secondo racconta la risposta a tutto quello che gli abitanti hanno vissuto.
L’accoglienza e la pacifica convivenza con altre etnie, l’assenza di esclusione, l’apertura verso nuovi modi di esprimere l’arte ed in particolare la street-art. Più in generale uno sguardo aperto e filtrante del mondo.
Ho avuto la fortuna di crescere nel bar gestito dai miei genitori, proprio qui, nel nucleo di questo quartiere. Praticamente un bar di paese, dove vari personaggi pasoliniani si alternavano. Tutti con delle storie colorate, particolari, semplici o molto forti.
Una storia italiana
Mario. Lui è uno dei vari soggetti che negli anni hanno attirato la mia attenzione. Un uomo di poche parole, e quelle poche in chiarissimo romano lontano dall’accademico. Passavano gli anni, la mia vita prendeva vari percorsi, era in continuo mutamento. Lui, no. La mattina lo vedevo girare per le vie del municipio ed io sempre di corsa. Poi ci rincontravamo la sera, al bar di papà. Io a raccontare la mia giornata, e lui seduto sulle classiche sedie di plastica bianca, gambe accavallate, e tra le mani, ormai nere, sigaretta e birra.
Una sera, con grande semplicità gli chiesi «posso trascorrere una giornata con te?». Lui mi guardò stupito, quasi a dire, una ragazzina con me, per cassonetti?!
E così, dopo qualche giorno, ci trovavamo insieme a frugare nei secchioni della capitale, tra tante risate e tante confessioni. È una vita difficile quella che ogni giorno Mario si trova ad affrontare. Ci sono delle regole tra chi cerca nei rifiuti. Ci sono dei “turni” che vanno rispettati e quadranti di competenza. Non ci si calpesta i piedi, mai! E se nasce qualche discussione – pure anche molto accesa – è solo per incomprensione. Toni alti, insulti, parolacce… poi si rimedia con una bevuta al bar. E si riparte.
Il lavoro di Mario è il cammino della ricerca e la vendita a chilometro zero. Un mestiere particolare e reinventato per sopravvivere alla perdita delle certezze. Un matrimonio concluso. Dei figli che non accettano la vita che si trova ad affrontare il loro padre. Poi un altro matrimonio, ancora figli e, vestiti nuovamente fuori la porta. Liti, solitudini, abbandoni.
Chissà quale sia la verità o le verità.
Quello che mi sono sentita di fare è solo ascoltare e partecipare alle sue parole. Il giudizio e l’opinione sono sospesi.
Ancora di più i consigli.
Mario è un uomo che vive degli scarti altrui, di quello che non serve più a qualcuno ma che può servire ad altri. Proprio quel qualcosa di inutilizzato, viene ripulito un po’ dalla polvere, sistemato alla meno peggio e riproposto sul mercato per ricavarci qualche soldo. O magari, proprio quella borsa buttata dalla signora del settimo piano di piazza Cardinali può essere il regalo per la fidanzata che lo aspetta in roulotte.
Mario è la quiete in un mondo di velocità, è la pura lealtà nei rapporti in una società di arrivisti, è il saper vivere con dignità.
Passare dei giorni con Mario mi ha fatto divertire, stupire, vivere in un modo diverso dal solito… perché entrare in cassonetto come in un centro commerciale non è da tutti i giorni.
Poi si torna a casa, con un certo puzzo addosso… puzzo di chilometri e di territori.
La strada e la vita sono questo: immergersi, fermarsi, ascoltare e vivere la storia di altri.