Diari dalla Cambogia | Kratìe, 29 agosto 2019
Sono ormai giorni che abbiamo lasciato le rumorose e trafficate strade di Phnom Penh e, dirigendoci verso est nelle montagne del Mondulkiri, sapevamo che avremo incontrato una situazione ben diversa rispetto alla capitale.
Ma è solo qualche giorno dopo che mi sono reso conto che questa diversità non era data solo dalla gente o dalla geografia dei luoghi. La differenza stava nella mancanza di rumore, una mancanza tale da poterlo definire… silenzio.
In Cambogia, il silenzio non è solo mancanza di rumore, ma è molto di più.
È una forma di silenzio la cordialità delle persone. Degli anziani senza denti che fieramente sorridono come se li avessero ancora. Dell’innocua timidezza delle ragazze che ti servono da mangiare e, pur non comprendendo una virgola di quel che dici, continuano ad ascoltarti perché sei ospite, e non cliente.
È un silenzio anche quello dei bambini che sanno una parola sola nella tua lingua e la dicono in continuazione quando ti vedono: hello!
La Cambogia è anche chiamato il Paese delle Foreste di Pietra, facendo riferimento ai mille mila templi risalenti alla magnificenza dell’antico impero Khmer. E forse sarà proprio questa la ragione del silenzio che si respira nell’aria ancor prima che nelle orecchie: il fiero popolo khmer, che di quell’impero è oggi discendente, ha nel proprio intimo una calma e una disponibilità che in molti altri popoli è andata perduta. Forse.
Oppure è solo un’impressione che imbroglia chi percorre il verde ammaliante di questa terra.
Ma, alla fine, a chi può importare?
Noi stiamo viaggiando nella terra che mi ha fatto comprendere la mancanza del rumore, e, tra qualche giorno, arriveremo nelle montagne dove gli elefanti diventano leggenda.