Nella vecchia Delhi, non lontano dal moderno centro della città, c’era uno slum conosciuto per essere una colonia urbana di artisti di strada. Kathputli, così si chiamava, era la dimora degli artisti dimenticati: maghi, burattinai, acrobati, cantanti, saltimbanchi, incantatori di serpenti, musicisti e sciamani che un tempo resero onore e fama alla grande India.
Kathputli: una colonia urbana di artisti di strada
Kathputli era il più grande ghetto d’artisti di strada dell’India, una comunità intrecciata che condivideva uno spazio in cui arte e magia prendevano forma tra le anguste stradine colorate. Come altri slum, anche Kathputli era considerato problematico, e non a torto. La mancanza di servizi igienici, acqua corrente e sistemi fognari rendeva la vita dei suoi abitanti una continua lotta, ma non impediva loro di praticare quello per cui erano nati, di salire su palcoscenici prestigiosi ed esibirsi di fronte alle platee più varie.
Kathputli, che significa burattinaio nella lingua locale Hindi, non era solo il nome di uno slum, ma rappresentava anche l’arte che ha accompagnato e continua ad accompagnare questi artisti su molti palchi nazionali e internazionali. Quando all’inizio degli anni Sessanta del Novecento un gruppo di artisti provenienti dal Rajasthan decise di stabilirsi qui, nella zona in cui poi sorse Kathputli non c’era granché. Era un’area periferica dominata da una fitta vegetazione. Ma con il passare del tempo, insieme alla colonia urbana anche la moderna Delhi crebbe. E, negli anni, queste due anime così diverse tra loro iniziarono a entrare in conflitto.
Il ghetto dei maghi attirò anche l’attenzione dello scrittore Salman Rushdie, che menziona i maghi in una delle sue opere più famose, Bambini della Mezzanotte, dove racconta le minacce di sfollamento dal ghetto subite nel periodo dell’Emergenza del 1975-1977. Rushdie descrive il ghetto dei maghi come un luogo pieno di sorprese, colori, magie che accompagnano il giovane Saleem alla scoperta del colorato labirinto in cui dimorano gli artisti. Allora l’idea post-coloniale di creare un’India moderna basata su una realtà immaginata non era altro che il frutto di una magia bizzarra, commentava Rushdie.
The Master Plan of Delhi, il piano regolatore di Delhi, ha introdotto l’approccio del “ripristino in situ” per la riqualificazione degli slum. Il piano prevedeva, almeno in teoria, la ricostruzione di questi insediamenti in modo da dotarli di tutte le infrastrutture necessarie e di alloggi migliori, per poi ricollocare gli abitanti dello slum nel lotto originale. Kathputli era stata scelta come primo slum da riqualificare. Le cose, però, non sono andate come ipotizzato.
Kathputli oggi non esiste più
Il vero problema è stato nella modalità, dominata da scorrettezza e insensibilità, con cui la Delhi Development Authority (DDA) ha portato avanti il progetto. Il terreno venne venduto dalla DDA alla Raheja senza consultare gli abitanti della colonia, che vennero a conoscenza dell’intero piano di sfollamento solo nel 2013, quando la notizia era già nell’aria. Inoltre, l’intero territorio in cui giaceva la colonia, che corrisponde a un’area di circa 5 ettari e il cui valore reale si attestava sui 130 milioni di rupie, è stato venduto per l’irrisoria somma di 61 milioni di rupie (circa 835.000 euro). Tutto questo per agevolare i colossi privati indiani e vendere un’area considerata inutile e sporca, per poterla poi ritrasformare in un enorme capitale.
Quando visitai Kathputli, la paura e l’ansia dominavano l’aria. Jagdish, il burattinaio capo di una delle 8 comunità che convivevano pacificamente nella colonia, sentiva il peso di questa triste storia. Attivo all’interno del movimento contro la demolizione, mi ha spiegato le incongruenze del progetto e mi ha accompagnato lungo le strette stradine della colonia, dove ho potuto conoscere meglio le diverse anime che popolavano questa comunità unica nel suo genere.
Kathputli oggi non c’è più. È stata rasa al suolo nei primi mesi del 2017. Col supporto dell’esercito, le 3600 famiglie che vivevano qui sono state sfollate. La comunità, il cuore pulsante di questa colonia urbana, è stata frantumata e dispersa chissà dove. Le foto di questo articolo, scattate a novembre del 2016, sono tra le ultime testimonianze del microcosmo umano che era Kathputli.
L’India continua a essere una contraddizione ancora oggi. Mentre si creano spazi, per lo più turistici, e mercati in cui ospitare gli artigiani del paese, si demoliscono i luoghi in cui questi stessi artigiani danno vita a quell’arte che si vorrebbe rispettare.
Ma solo se – e quando – rimane avulsa dalla realtà che la crea.