Il deserto di Kutch e la tradizione del sale

Da generazioni gli Agariya, una comunità seminomade del Gujarat, in India, coltivano il sale, ma oggi un'ordinanza governativa mette a rischio il loro futuro

di Roberto Gregori
Un raccoglitore assiste al primo giorno di raccolta del sale da lui prodotto - ©Roberto Gregori

Ci dev’essere qualcosa di stranamente sacro nel sale
Lo ritroviamo nelle nostre lacrime e nel mare

Khalil Gibran

Gujarat, India

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Terminata la stagione dei monsoni, tra settembre e ottobre, gli Agariya si spostano dai villaggi che sorgono ai margini del deserto del Little Rann of Kutch verso le aree più interne. Gli Agariya sono una comunità seminomade che vive nello stato del Gujarat, nel nord-ovest dell’India, e si occupa della produzione del sale da centinaia di anni. In questo spostamento gli Agariya portano con sé tutto il necessario per la loro permanenza in quell’area per i successivi 8 mesi, durante i quali si dedicano alla “coltivazione del sale”, un’attività che attualmente coinvolge circa 40.000 persone, con una produzione che copre il 76% del totale del sale prodotto in India.

In tempi remoti, il Little Rann of Kutch era una baia poco profonda del mar Arabico. A causa dei movimenti tettonici il fondale si è sollevato, trasformandola nel tempo prima in un lago salato e poi in un deserto. A testimonianza delle sue origini, nelle profondità del sottosuolo si può ancora trovare acqua salata con un livello di salinità da 4 a 6 volte superiore a quella del mare.

Agariya
L’autobotte inviata dal Governo si allontana dopo aver rifornito le abitazioni di acqua potabile – ©Roberto Gregori
Agariya
I lavoratori vivono con tutta la famiglia nei campi di sale – ©Roberto Gregori

Il duro lavoro degli Agariya nella produzione del sale

Arrivati nelle aree in cui avviene la coltivazione del sale, gli Agariya costruiscono abitazioni temporanee realizzando uno scheletro in legno che viene in seguito coperto con teli di juta e plastica. Terminata questa costruzione hanno inizio le varie fasi di lavorazione del sale. Per prima cosa viene scavato, interamente a mano, un pozzo profondo diversi metri fino a raggiungere l’acqua salata presente nel sottosuolo. Questa poi viene pompata in superficie attraverso stretti canali, fino ad arrivare all’interno di enormi vasche comunicanti tra loro. Le vasche sono delimitate da argini in fango pressato, anche questi realizzati completamente a mano. Il passaggio dell’acqua da una vasca all’altra ne favorisce la lenta evaporazione sotto il cocente sole del deserto. In estate, infatti, le temperature possono arrivare a 50 gradi centigradi. Ed è questo a permettere la formazione dei cristalli di sale. Gli Agariya lavorano questi cristalli tutti i giorni e a più riprese, usando grossi rastrelli di legno in modo da farli agglomerare tra loro. Più sono grandi, più cresce il loro valore alla vendita.

La vita degli Agariya è molto dura. Oltre a dover lavorare con temperature elevatissime, il costante contatto con il sale provoca problemi alla pelle, soprattutto agli arti inferiori. Spesso infatti gli Agariya lavorano a piedi nudi, immersi nell’acqua senza alcuna protezione. Inoltre, il riverbero del sole sul bianco del sale crea problemi agli occhi, anche molto seri. Il prezzo che viene pagato ai coltivatori è bassissimo. Si parla in media dai 2 ai 4 dollari per tonnellata, mentre il prodotto raffinato, al termine delle lavorazioni, vale in media intorno ai 240 dollari.

Fino a qualche anno fa buona parte del guadagno degli Agariya veniva eroso dal costo del gasolio necessario per il funzionamento delle pompe di estrazione dell’acqua del sottosuolo. Da qualche tempo sia il governo sia alcune ONG hanno studiato dei piani di finanziamento per l’acquisto di elettropompe e di pannelli solari per la produzione di energia elettrica. Il loro impiego permette di utilizzare le pompe a diesel solo durante la notte, aumentando notevolmente il margine di profitto per i lavoratori e consentendo di ridurre le emissioni di inquinanti, con evidenti benefici sia per le persone che per l’ambiente.

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I sistemi di estrazione dell’acqua dal sottosuolo necessitano di frequente manutenzione – ©Roberto Gregori
Agariya
Sacchi di sale in attesa di essere caricati sul camion – ©Roberto Gregori

Il futuro incerto degli Agariya

Oggi però gli Agariya si trovano ad affrontare un nuovo problema. Il 21 febbraio 2023 il governo del Gujarat ha emesso un’ordinanza che nega la concessione di utilizzo dei terreni a tutti i soggetti che non sono in grado di dimostrare di averne i diritti. Per molti Agariya si tratta di una cosa impossibile, considerato che l’attività di coltivazione del sale viene praticata, senza particolari regolamentazioni, da molto prima del 1973, anno in cui il Little Rann of Kutch è stato dichiarato area protetta, con la conseguente entrata in vigore di diverse restrizioni sull’accesso e sulle attività consentite al suo interno.

Se a una parte della comunità Agariya fosse negata la possibilità di utilizzare questi terreni per la coltivazione del sale, queste persone perderebbero la loro unica fonte di sostentamento. E questo potrebbe avere ripercussioni negative sull’intera comunità. Una comunità estremamente coesa e dedita esclusivamente alla coltivazione del sale.

Agariya
Il rastrellamento del sale avviene nelle ore più fresche della giornata – ©Giorgio Gregori
Testo e Foto:  Roberto Gregori
Testo originale in Italiano - Traduzione interna

© Portfolio - Il deserto di Kutch e la tradizione del sale

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