Gabriele Orlini

Gli ultimi alla frontiera

Volti di uomini e donne segnati dal tempo, dagli occhi vivi che devi scorgere tra i solchi della ruvida pelle
Nestor - ©Gabriele Orlini - DooGReporter, 2023

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Il motore arranca lungo i tornanti che disegnano come un serpente addormentato il grande altipiano andino.
Montagne – molto diverse da quelle a cui siamo abituati in Europa – tagliate di netto per una ferrovia a scartamento ridotto che, oggi, ha l’unico compito di ricordare un tempo che non c’è più: il tempo delle grandi miniere boliviane, terra di giacimenti di argento, rame e anche oro. Sembravano inesauribili. E la loro Eldorado – Potosì (che in spagnolo significa: ricchezza straordinaria) – ancora oggi è la testimonianza nel nome e di fatto di un epoca ricca e splendente. Un’epoca di minatori, polvere, e mercanti europei senza tanti scrupoli. Nell’epoca delle grandi miniere della Bolivia, si diceva che “…c’è talmente tanto argento da poter costruire un ponte fino a Madrid”. Ma il tempo passa e le cose cambiano. Le miniere si esauriscono. E i mercanti europei senza tanti scrupoli, cacciati. Le miniere, volendo ricordare il tempo che fu, divenute percorsi sicuri per turisti entusiasti.

Ai bordi della grande ferrovia a scartamento ridotto che solca il grande altipiano andino, dove le  grandi salite non scendono mai, se sei fortunato, può accadere di imbattersi negli “ultimi alla frontiera”. Piccoli avamposti dove le vecchie costruzioni di terra e fango – oggi scheletri a imperitura memoria – sono state sostuite da quelle in mattoni, più robuste, e tetti in lamiera dal colore sbiadito. E legno, per proteggere dal vento che alza la polvere. Sempre.

Volti di uomini e donne segnati dal tempo, dagli occhi vivi che devi scorgere tra i solchi della ruvida pelle, quasi priva di espressione. Ma a guardarli sai bene che avrebbero mille storie da raccontare. Se solo ne avessero voglia. E tu la capacità di ascoltarli.

Le ultime frontiere
Le ultime frontiere – ©Gabriele Orlini – DooGReporter, 2023

El campo

Ci fermiamo in uno di questi ultimi avamposti per una piccola pausa, una sigaretta.
Una piccola baracca con un plateau di uova all’esterno fa immaginare che si tratti di una rivendita di qualcosa. Entro, abbassandomi di molto per non sbattere sullo stipite della porta (la mia altezza europea non aiuta in questi paesi dove il piccolo è di casa) e chiedo – alla figura che scorgo nella penombra – se ha dell’acqua. Da comprare.

Con la gentilezza di chi accoglie un viandante, essendo lui stesso un viandante, mi porge una bottiglia impolverata. Non mi faccio riguardi e, prima di pagarlo, gli chiedo quanto costa.
6 Bolivar, nemmeno 1€. Porgo una banconota da 50 bolivar (circa 7€), intonsa, fresca di cajero automàtico che probabilmente lui non sa nemmeno cosa sia. Mi guarda attraverso quella stretta fessura che forma i suoi occhi e che immagino scorgere scuri. 
“Qui siamo al campo, alla frontiera… non facciamo commercio…” – lo dice nella sua lingua ma si comprende bene parlando un po’ lo spagnolo latinoamericano. Lo dice per intendere che non aveva il cambio di 50 Bolivar e che se avessi voluto pagare l’acqua, gli avrei dovuto dare l’importo corretto. O quantomeno un taglio più piccolo. Scopro di avere una banconota da 10 Bolivar e gliela porgo. Mi guarda ancora.

Ma come tutti gli uomini di poche parole, capaci di giungere al centro delle cose perchè il tempo potrebbe finire e ci sono cose più importanti che vendere dell’acqua a un europeo sorridente, sparisce dietro una piccola dispensa fino a recuperare un’altra bottiglia. Un po’ più grande. Ancor più impolverata. 8 Bolivar. E due cioccolate come resto. Ci guardiamo silenziosi convinti, entrambi, di essere giunti alla conclusione del nostro scambio. Del buon affare.

Esco dalla piccola baracca di mattoni robusti, dal tetto di lamiera sbiadita e con il legno a proteggerla dal vento e dalla polvere. Resto abbagliato dal sole dell’altipiano andino e attendo qualche secondo per abituarmi al cambio di luce. Soddifatto per la bottiglia grande che tenevo in mano. E le due cioccolate senza preoccuparmi di una eventuale data di scadenza.

Esce anche lui, dietro di me. Nestor il suo nome.

E, nell’altipiano andino solcato dalla ferrovia a scartamento ridotto, testimonianza di un tempo che non c’è più… lui, Nestor, sparisce dove solo chi questa terra ce l’ha sulla pelle conosce dove andare.

maiali
Le ultime frontiere – ©Gabriele Orlini – DooGReporter, 2023
Testo e Foto:  Gabriele Orlini
Testo originale in Italiano - Traduzione interna
Bolivia
Chaquiciénega, Bolivia
DooG's Founder
2019_Gabriele_Profile
Italia
Documentary Photoreporter

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