Gli Ignudi di Enna

Una cerimonia antica che continua a unire la comunità
di Natascia Aquilano
Stories
Culture
Enna (Sicily) - Natascia Aquilano, ©2024

Questo articolo è disponibile anche in: English

La più bella sensazione è il lato misterioso della vita.
È il sentimento profondo che si trova sempre nella culla dell’arte e della scienza pura. Chi non è più in grado di trovare né stupore né sorpresa è per così dire morto; i suoi occhi sono spenti. L’impressione del misterioso sia pure misto a timore, ha suscitato tra l’altro, la religione

Enna, Italia

Processione degli Ignudi
Enna (Sicily) – Natascia Aquilano, ©2024

È il 2 luglio e qui, nell’entroterra siciliano, il caldo non dà tregua, toglie le forze, annebbia la vista. La macchina è rovente, i finestrini abbassati ci illudono che la temperatura sia più sopportabile. La strada taglia paesaggi deserti dal colore giallo ocra, stampati su un cielo azzurro intenso, intervallato da nubi rarefatte. Qui il mare non si vede e non si tocca.

Dopo chilometri, finalmente una deviazione: iniziamo a salire su un pizzo impervio di montagna. Il paesaggio muta e con esso anche l’aria sembra essere più piacevole, a tratti fresca. Eh sì, perché Enna, capoluogo di provincia più alto d’Italia, con le sue rigide temperature, sembra quasi non appartenere alla Sicilia. Eppure a vederla, forse, rappresenta una delle sue espressioni più autentiche. Qui i venti della globalizzazione che solitamente allontanano le tradizioni sono stati bloccati dalle montagne. Basta raggiungere il Duomo, nel centro storico, per rendersi subito conto che qualcosa di antico e immutato nel tempo sta per manifestarsi.

Processione degli Ignudi
Enna (Sicily) – Natascia Aquilano, ©2024

La confraternita degli Ignudi

Uomini, ragazzi e bambini si aggirano a piedi nudi attorno al Duomo, oggi Chiesa Madre di Enna. Entrano ed escono a passo svelto, indossando tutti una veste bianca a sacco, divisa in due pezzi, con i bordi merlettati, una mantellina di raso color azzurro tenue con a sinistra l’effigie di Maria SS. della Visitazione. Al collo, sempre dello stesso colore della mantella, hanno tutti un tipico scapolare di nastro con ricamata ancora una volta l’effigie di Maria. Sono i devoti e gli uomini della confraternita degli Ignudi della Madonna della Visitazione, deputati ai festeggiamenti della santa patrona.

La confraternita è composta da circa 128 confrati Ignudi. Vi si entra a far parte dopo aver superato un periodo di noviziato e il ventunesimo anno di età. Tutti gli altri, invece, vengono considerati devoti. La confraternita viene chiamata dei “Nudi” o “Ignudi” perché il 29 giugno 1412, quando il simulacro di Maria SS. della Visitazione giunse per la prima volta a Enna, fu collocato su un carro e portato a spalla dagli agricoltori che stavano mietendo e trebbiando nelle campagne vicine. Questi indossavano solamente un pezzo di stoffa che fungeva da perizoma a coprire le loro nudità.

Uno sforzo disumano

Ogni anno, nella giornata del 2 luglio, gli Ignudi fanno rivivere ai fedeli quel momento, portando a spalla il simulacro dal Duomo fino all’eremo di Montesalvo, attraversando gli stretti vicoli del centro. Il tutto accompagnato dalle marce festose della banda cittadina e dalle “sarbiate“, colpi di cannone che i vari quartieri fanno esplodere in segno di devozione. In processione la Patrona è preceduta dalle statue di San Giuseppe e San Michele Arcangelo, portati anch’essi a spalla e a piedi nudi dai più giovani. Sulla salita per arrivare all’eremo, avviene il tradizionale incontro tra il fercolo della Madonna e le statue di legno di Santa Elisabetta e San Zaccaria, a voler ricordare la Visita che Maria fece a Elisabetta e che giustifica il nome “Visitazione” della Festa.

I confrati di Maria SS. della Visitazione montano i bajardi, ovvero le aste esterne del fercolo in legno stagionato, irrobustite internamente con ferro, e rivestite esternamente in pelle. I bajardi hanno sulla parte laterale dei numeri progressivi stampati a fuoco, in tutto 124, tanti quanti sono i Nudiportatori. Questi occupano “i posti di spalla”, cioè quelli che si tramandano di padre in figlio, di generazione in generazione. I posti più impegnativi, che richiedono maggiori sforzi fisici per i portatori, sono dodici e si trovano invece sotto il cassone della “Nave d’oro”.

Sentita è l’emozione dei fedeli all’uscita dal Duomo della vara, come gli ennesi chiamano la Nave d’oro della loro Patrona. Esclamazioni, preghiere e invocazioni in dialetto indecifrabili si confondono nell’aria. Finché all’unisono un forte e chiaro “Viva Marì” si stampa nella piazza dando il via al viaggio della Madonna verso Montesalvo. Suggestivo e a tratti preoccupante il passaggio della Nave d’oro in alcune tortuose stradine, come via Mercato, dove la vara viene tolta dalle spalle e trascinata quasi rasoterra con l’aiuto di corde. Uno sforzo disumano si legge nei volti degli Ignudi, che oltre a non mollare la presa, devono anche stare attenti a non scivolare sulle basole di pietra lavica. L’apice della difficoltà viene raggiunta sulla salita che conduce all’eremo di Montesalvo. Lungo quest’ultima tratta, la Nave d’oro viene sorretta e portata correndo fino in cima. La si vede vacillare, a tratti precipitare, ma uomini dai volti deformati dallo sforzo, compressi e senza respiro, riescono a non cedere.

Di padre in figlio

Toccante e significativo è vedere i bambini che seguono l’esempio dei padri senza indugi, sfiniti, ma fieri, sentendosi in qualche modo degli eroi. Abituati a una contemporaneità confusa, dove la tecnologia più che connettere le persone le distanzia, dove l’individualismo è sempre più esasperato, vedere questi piccoli uomini uniti in un unico sforzo, seguire gli stessi passi, fa pensare e sperare a una sorta di resilienza. Coinvolgerli, riconoscergli un ruolo equivale a consegnare loro il testimone della storia.

Giunta nella Chiesa di Montesalvo i cancelli e le porte si chiudono lasciando i fedeli fuori. Gli Ignudi con le divise intrise di sudore, gli occhi arrossati, i piedi dello stesso colore delle strade, si abbandonano stremati ai piedi della Madonna: c’è chi prega, chi lascia andare le lacrime, chi si chiude in un abbraccio. L’aria trasuda stanchezza e beatitudine. La Patrona viene spogliata dell’oro votivo che la ricopre e sistemata sull’altare principale dell’eremo, dove resterà ospite dei due cugini, Zaccaria ed Elisabetta, per circa 15 giorni, prima di essere ricondotta nel Duomo con una processione simile al viaggio di andata.

Manifestazione di profonda fede o semplice tradizione popolare? Sono sempre stata attratta dal lato misterioso della vita, dalle religioni e da come l’essere umano le sposi e le usi. Per cui, indipendentemente dalla risposta, è certo che il 2 luglio a Enna si torna alle origini, senza perdere di vista il futuro, dove i confini tra sacro e profano, spiritualità e partecipazione popolare, mondo religioso e laico, si abbattono per lasciar spazio unicamente a una sentita emozione collettiva.

Processione degli Ignudi
Enna (Sicily) – Natascia Aquilano, ©2024
Testo e Foto:  Natascia Aquilano
Testo originale in Italiano - Traduzione interna
Italia
Enna, Italia
DooG's Autore
Natascia Aquilano
Italia
Photoreporter

© Portfolio - Gli Ignudi di Enna

Immagini e Parole

La curiosità è cultura

La mancanza di una casa non definisce una persona: ognuno ha una storia che merita di essere condivisa
Sono passati due anni, ma non è cambiato nulla. Il reportage di Joyce Donnarumma, dal Venezuela
Definire Pino - Beatrice non è semplice, “io so io” direbbe, se gli venisse chiesto. E in effetti è proprio così.
Al rutilante ritmo dei tamburi, i danzatori Toupouri ringraziano gli Dei per il raccolto

Sostieni un giornalismo indipendente

DooG Reporter | Stories to share

Tutti i diritti riservati ©2024