Diari dalla Cambogia | Phnom Penh, 25 agosto 2019
È accaduto molte volte, negli ultimi anni, che una storia abbia avuto inizio dalla sponde di un fiume: che sia stato il Rio de La Plata in Argentina, il Niong in Cameroun, il Lulua in Congo, l’Orange in Namibia, o come dimenticare il Chao Praha a Bangkok.
Dopo quasi 30 ore di viaggio, 3 aerei, 4 aeroporti, valige perse e poi ritrovate, doppia valuta usata a caso che non sai mai quanto stai spendendo: il richiamo del fiume è stato più forte di ogni altra cosa; e prima di ogni cosa, lasciata la borsa nella stanza che mi ospiterà nelle prossime due notti, ho camminato in direzione del maestoso e pacioso Mekong, che dal lontano Tibet attraversa la capitale Phnom Penh per poi proseguire la sua lenta esistenza attraverso il Vietman e riversarsi, dopo 5mila km, nel Mar Cinese meridionale.
Phnom Penh, con il suo milione e mezzo di abitanti, è la capitale di una Cambogia in crescita. Con forza e determinazione vuole lasciarsi alle spalle la sua cruenta storia: dalla colonizzazione francese al genocidio a opera dei Khmer rossi meno di 50 anni fa.
L’illusione di una città
Arrivare a Phnom Penh ti illude e allo stesso tempo ti tranquillizza.
Per muoverti metti in moto la modalità “città del sud est asiatico“: traffico sostenuto, smog, sporco, aree verdi ed eleganti convivono in serena armonia.
La gente cordiale e sorridente è capace di mettere in seria discussione il tuo atteggiamento “burbero” da occidentale che ha plasmato il suo carattere con le idiozie dei social network, ed ora si ritrova spaesato, a tratti indifeso da tanta… disponibilità.
E sono queste le occasioni che ti permettono di frenare, e tornare a essere ciò che si è e non ciò che vorremmo far vedere di essere.
Ho preso alloggio in un quartiere “popolare” dove per pochi dollari mi garantivano una stanza (sporca), con bagno privato (accanto al letto, più privato di così), e un ventilatore. Dimenticandosi, però, di menzionare le bestiole che alla notte vagano in zona. Posso però contare sui molti centri massaggi in zona, che con soli 5$ promettono di toglierti lo stress del lungo viaggio.
Altri 5$ e ti togli pure lo sfizio.
Ultima nota della giornata: prima di cercare un cambia valute al mercato (sono i migliori, non c’è dubbio) l’ATM Bank of Canada, in aeroporto, mi ha erogato 100$ falsi, quelli nominati Supernotes.
Sono perfetti, identici in tutto, tranne in un particolare: con molta ironia e presa per il culo, sul fronte, la banconota reca una piccola dicitura…COPY !