Omo Valley e il dilemma etico della fotografia

Quando è giusto fotografare? Una riflessione nata da un viaggio nella Omo Valley
di Ilaria Lazzarini
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Culture
Omo Valley, Etiopia - ©Ilaria Lazzarini

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omo valley etiopia

People of Kau” di Leni Riefenstahl è un bellissimo libro fotografico sui Nuba del Sudan che qualcuno aveva regalato a mio padre, forse all’inizio degli anni ’80. Ancora oggi, rivedendo quelle immagini, le ricordo tutte perfettamente. Da piccola ho sfogliato mille volte quel libro, attratta ma anche spaventata (le foto delle lotte tra le tribù sono particolarmente cruente) da questo mondo lontano e misterioso.

Qualche anno dopo ho scoperto che l’autrice di quelle immagini, che tanto mi avevano affascinato da bambina, aveva contribuito con i suoi film e documentari alla propaganda nazista. È suo “Il trionfo della volontà”, film dove veniva celebrata la figura di Hitler e la superiorità della razza ariana.

Questa scoperta, per quanto mi abbia lasciato nel grande dilemma sul valore etico della fotografia, non ha scalfito la mia convinzione che prima o poi avrei visitato questa realtà per me sconosciuta. Dopo tanti anni, nel 2018, sono stata non in Sudan, ma nella Omo Valley, territorio tribale nel sud dell’Etiopia. Così un sogno che coltivavo da tanto tempo si realizzava. Finalmente potevo vivere la mia esperienza autentica tra le tribù.
Le cose però sono andate un po’ diversamente da come avevo immaginato.

Omo Valley
Omo Valley, Etiopia – ©Ilaria Lazzarini

Omo Valley: una terra di diversità

La Omo Valley è abitata da circa 200.000 indigeni appartenenti a clan tribali molto diversi tra loro per usi, costumi, tradizioni e lingue. L’eredità culturale di queste popolazioni è rimasta intatta fino ai giorni nostri, nonostante il grave impatto ambientale e umano del gigantesco progetto delle dighe idroelettriche nel fiume Omo, finalizzate all’irrigazione delle coltivazioni su larga scala. Migliaia di ettari di terreno sono in attesa di essere coltivati dalle multinazionali, mentre l’agricoltura di sussistenza viene mano a mano sostituita dall’agricoltura industriale.

Nonostante il futuro incerto, la vita all’interno dei villaggi scorre ancora in una forma primitiva e il baratto prevale sulle transazioni monetarie del mondo moderno. Tra queste popolazioni le modificazioni del corpo sono sinonimo di bellezza e di identità tribale. I grandi piatti labiali delle donne Mursi, i giovani Karo dipinti con cenere bianca, i capelli e i corpi dipinti di ocra degli Hamer, rappresentano solo alcune delle sorprendenti differenze che esistono tra le tribù presenti in quest’area. Si pensa infatti che questo territorio sia uno dei luoghi più geneticamente e linguisticamente diversi al mondo e che offra uno spaccato della storia dell’evoluzione umana. 

Money for photo

Tuttavia, questa culla dell’umanità non è esattamente un paradiso perduto. Negli ultimi anni la Omo Valley è stata vittima del turismo commerciale di massa, mordi e fuggi. Le tribù di quest’area sono infatti considerate incredibilmente fotogeniche e questo ha fatto aumentare il cosiddetto turismo “fotografico”. Durante le mie visite ai villaggi di Mursi, Dassanech, Karo, Konso, e Hamer, solo in rari casi non ho incontrato persone intente a fotografare, qualche volta pure in modo aggressivo.

Anche nei villaggi dove non ho trovato turisti, era chiaro che qualsiasi interazione sociale era impossibile. Non tanto per l’ostacolo rappresentato dalla lingua ma soprattutto perché la relazione con i visitatori si è progressivamente trasformata in una fonte di reddito, per quanto minima. Money for photo.

L’atto predatorio di fotografare

Confesso che non mi sono sempre sentita a mio agio e durante tutto il viaggio ho messo in questione la mia presenza lì. Ho cercato di avvicinarmi con il maggiore rispetto possibile a questa realtà, provando a  non trasformare la mia visita in un “safari umano”. Ero solo una viaggiatrice silenziosa e ho capito quando non era giusto fotografare.

Nonostante questo, il dilemma etico della fotografia di cui scrivevo all’inizio si è riproposto, ma in un’altra forma. Mi sono tornate in mente le parole di Susan SontagC’è qualcosa di predatore nell’atto di scattare una foto”.
L’aggressione implicita nell’uso della macchina fotografica, di cui ci parla Sontag, è qualcosa su cui riflettere. 

Omo Valley
Omo Valley, Etiopia – ©Ilaria Lazzarini

NOTE

  • PEOPLE OF KAU, Leni Riefenstahl (1976)
    Monografia fotografica sulla vita del popolo Kau, nella parte meridionale del Sudan. Nel 1975, Riefenstahl trascorse 16 settimane con i Nuba di Kau. Questo popolo, noto come “Nuba del Sud-Est”, vive a sole 100 miglia di distanza dai Nuba del Mesakin. Tuttavia, parlano un’altra lingua, seguono usanze diverse e si dice che siano molto diversi per carattere e temperamento. Nel libro sono rappresentati i loro combattimenti con i coltelli, le danze d’amore e i loro volti e corpi dipinti in modo elaborato. (Fonte)
  • IL TRIONFO DELLA VOLONTÀ è un film di propaganda nazionalsocialista del 1935, diretto da Leni Riefenstahl. Il film documenta il Raduno di Norimberga del Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori svoltosi dal 4 al 10 settembre 1934. Il film contiene estratti dei vari discorsi tenuti al raduno dai diversi leader politici del Partito nazista, principalmente brani di Adolf Hitler, intervallati da riprese dei membri del partito. Hitler stesso commissionò il film e il suo nome compare nei titoli di testa. (Fonte)
  • SULLA FOTOGRAFIA. Realtà e immagine nella nostra società (On Photography, 1973), Susan Sontag
    Traduzione di Ettore Capriolo, Collana Nuovo Politecnico n.107, Einaudi, Torino, I ed. 1978.
Testo e Foto:  Ilaria Lazzarini
Testo originale in Italiano - Traduzione interna
Etiopia
omo valley etiopia
DooG's Autore
Ilaria Lazzarini
Italia
Photographer

© Portfolio - Omo Valley e il dilemma etico della fotografia

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