Il boom del turismo in Grecia, in particolare ad Atene, sta drogando il mercato immobiliare. Lasciando i greci senza casa. O costringendoli in spazi angusti al limite dell’abitabilità. Questa è la storia di Costantino.
“He wants your soul, and he will try to trap you… To be saved you must see the play to discover the way!”
Inizia così il libretto di un’opera tango intitolato Il Diavolo. Ne conservo ancora tre copie, in tre diverse lingue: italiano, inglese e greco. Costantino, l’autore di questo libretto, spera che qualcuno, leggendolo, renda il suo sogno realtà: vedere una sua opera rappresentata sul palco di un teatro.
Costantino è un ballerino e attore originario di Patrasso. Vive ad Atene da più di trent’anni e non è difficile incontrarlo sulla Dionysiou Areopagitou, la strada pedonale che circonda l’Acropoli.
Raccontare la storia di Costantino è come osservare dall’alto la capitale greca. Bisogna osservare, mettersi in ascolto e solo dopo provare a ricomporre il puzzle di due destini, quello di una città modernissima che contiene in sé l’immagine antica, dorata e dalla forza ancora intatta di una dea, Atena, e quello di un uomo dalla pelle bruciata dal sole, natio di una terra ancora vibrante di miti e leggende.
“Ricordi quando ci siamo conosciuti? Eri appena arrivata ad Atene. Quanti anni sono passati?” Strizza i suoi occhi nocciola e mi guarda. “Cinque, ci siamo incontrati cinque anni fa”. Il suo italiano è perfetto. Costantino ha vissuto in Italia a lungo, da giovanissimo. Era appena ventenne quando, ballerino di danza classica, si trasferì prima a Bari e poi a Torino. Il fisico è massiccio ma conserva ancora l’impronta di una certa grazia nei movimenti. D’altronde il ballo fa ancora parte della sua vita, anche se non come un tempo.
Un appuntamento fisso
Quando ritorno ad Atene, molto spesso ormai, per me è un appuntamento fisso: rivedere Costantino e ascoltare le sue storie.
In una giornata novembrina caldissima e luminosa come se l’estate avesse deciso che il tempo di lasciare questa terra degli dei non fosse ancora giunto, ci incontriamo al solito posto, vicino alla collina dell’Areopago, una delle colline della città situata tra l’Agorà e l’Acropoli. Secondo la leggenda, proprio qui, su questa altura dove ora turisti e ateniesi ammirano l’Acropoli dall’altro, il dio Ares sarebbe stato accusato di omicidio e giudicato per l’uccisione di Alirrozio, mitico figlio di Posidone e della ninfa Euriteda.
Costantino ha con sé il suo zaino e non sono affatto sorpresa che contenga parte dei tanti ritagli di giornali e fotografie dei suoi spettacoli in giro per l’Italia, la Grecia e la Francia. Un materiale dei ricordi prezioso. Costantino lo mostra orgoglioso a coloro che, come me, si mostrano interessati alla sua vita. Scorrono fotografie di lui giovane ventenne mentre danza sul palco del Teatro Regio di Torino e in altri celebri teatri d’Italia. “Quando sono arrivato a Bari non parlavo italiano ma avevo studiato francese e questo mi ha aiutato a imparare velocemente la vostra lingua”, sorride il mio amico greco. Sorride sempre quando ricorda il suo passato, lo sguardo aperto sulle foto accuratamente protette da una busta di plastica trasparente. Conservo ancora alcune fotocopie di quei ritagli di giornale che mi ha regalato come ricordo una delle prime volte in cui ci siamo rivisti nei miei frequenti ritorni ad Atene, una città che per me è casa.
La libertà di chi non si arrende
Questa volta, oltre il nostro consueto appuntamento vicino all’Areopago, decido di raggiungerlo anche a casa sua, in un quartiere a sud di Atene. Riesce a vivere con poco, Costantino, in uno spazio molto angusto, incastrato in un piccolo edificio stretto e lungo, composto da un solo piano a sua volta nascosto dietro la facciata di una palazzina bianchissima. La luce di queste giornate autunnali è troppo brillante, al limite della crudeltà. Tutto è troppo vero, concreto, nulla si può nascondere.
La casa, lontano dal centro della città, vicino al mare, è molto modesta: un letto, un tavolo basso e una corda con appesi i vestiti e quelli che un tempo erano i suoi abiti di scena, abiti che utilizzava nel suo teatro. “Ora purtroppo non esiste più”, mi dice con un tono nostalgico, ricordando quel periodo “l’affitto era troppo alto e ho dovuto chiudere il mio bel teatro”. Gli affitti degli immobili in questi anni si sono alzati in maniera significativa nella capitale greca, anche a causa della gentrificazione. Un boom di richieste in gran parte dovuto alla crescente popolarità della città come destinazione turistica e all’aumento di piattaforme di affitti a breve termine come Airbnb. Già nel 2019, l’anno dopo del mio arrivo ad Atene, i dati del rapporto Pwc “Emerging Trends in Real Estate® Europe” segnalavano Atene come la città con la maggiore probabilità di registrare aumenti significativi degli affitti. Così è stato. Per molti, ma soprattutto per chi, come Costantino, non ha un lavoro regolare l’affitto è un problema enorme.
“Ho una piccola casa a Patrasso ma non voglio affittarla, ho bisogno di sentirmi libero di poter tornare nella mia città quando voglio. Lì ci sono tutti i miei ricordi. E poi, anche se volessi affittarla dovrei prima ristrutturarla e non posso permettermelo. Dovrei darla per poco e non vale la pena, non ci pagherei neppure le tasse ”, mi racconta guardandomi negli occhi. Il tono è di chi ha pensato a lungo alla sua situazione, valutando tutte le possibili opzioni. “E poi amo Atene. Non voglio lasciare questa città e i miei gatti”.
Un simbolo di pace
Quando vado a trovarlo ci sediamo all’aperto davanti alla porta principale della casa. Fa sempre caldo, il sole sta iniziando a tramontare e le pareti dello stretto corridoio all’aperto in cui ci troviamo iniziano a tingersi di un giallo aranciato proprio come il frutto del caco che il mio amico ateniese mi ha appena offerto. “Mangialo, è buonissimo. Lo sai che questo è il frutto degli dei, vero”? Mi dice strizzandomi un occhio. Diospoyros kaki, “cibo degli dei”. Forse Costantino non sa che esiste anche un altro soprannome, di origine più recente: “albero della pace”. Dopo il lancio su Nagasaki della bomba atomica nel 1945, alcuni alberi di cachi furono gli unici esseri viventi a sopravvivere. Da allora, il caco è l’emblema della resistenza pacifica e l’allegoria di chi si batte ogni giorno contro le atrocità della guerra combattendo con tenacia e senza violenza.
Si continua a ballare
Da pochi mesi Costantino insegna tango e ballo latino americano in un’associazione a sud di Atene. Una sera lo accompagno, non l’ho mai visto ballare e sono curiosa.
Mi accorgo che quando insegna il suo volto si accende di una luce luminosa, diversa; sicuramente la stessa che lo animava da giovanissimo, quando danzava sui palchi di tutta Europa. La finestra è aperta, in questa notte di novembre senza nuvole e ancora insolitamente calda, così pare quasi che alla luce dei riflettori di un tempo ormai lontano si sia sostituita quella delle stelle. All’interno di una stanza dalle pareti gialle arancio, colore che ricorda il frutto degli dei, in un quartiere alla periferia di Atene, si continua a ballare.