La voce decisa, perentoria, accompagnata dai pugni sulla malconcia porta di legno della baracca dove dormivo riecheggiava, senza possibilità di replica, in una notte di giugno nella foresta di Kapanga, in Congo.
Una notte illuminata da una luna tanto grande quanto brillante. Sembrava disegnata per l’occasione.
Soeur Maria, austriaca, a 80 anni aveva deciso di aver vissuto abbastanza a lungo e aveva smesso di tenere il conto dei suoi anni.
La incontrai, una prima volta, 14 mesi prima e mi disse che non sarebbe cambiato nulla sapere la sua età, e in ogni caso il suo corpo minuto si sarebbe consumato in Africa. Un giorno, ma non quella notte.
Fronte al letto una piccola finestra, tanto piccola da non riuscire a contenere la strepitosa luna di quella notte.
Erano da poco passate le 2 e la mia ombra, netta, definita, assonnata, seguì fedele i miei passi incerti lungo il sentiero di terra rossa che conduceva al piccolo dispensario del villaggio di Ntita all’interno della foresta.
Nelle notti di luna piena il tempo scorreva veloce, troppo veloce.
Nelle notti di luna piena accadevano le cose: le capre stavano irrequiete; i cani ululavano – anche se ignari della ragione; le termiti uscivano dal loro nido e inondavano ogni spazio possibile – ed era una festa per i bimbi raccoglierle al mattino e abbrustolirle, sembrava di mangiare popcorn.
E gli uomini abusavano delle donne.
Le partorienti – molte di loro già vittime dello stesso abuso nove mesi prima – sentendo il richiamo della luna piena si mettevano in cammino, scalze, percorrendo anche 40km per raggiungere il villaggio di Ntita.
L’indomani mattina, o la notte seguente, avrebbero dato alla luce il frutto del loro essere donna.
E Soeur Maria, austriaca di Kapanga, 80 anni compiuti un giorno per poi perderne il conto, era lì. Lei era sempre lì.
Ogni notte, anche in quelle dove la luna non si faceva vedere. Anche in quelle dove capre, cani, termiti, seguendo l’altro lato della loro natura, stavano rintanati. Dove anche gli uomini smettevano, per un istante, di ritenersi il centro del mondo.
Quella notte Soeur Maria attese il mio arrivo al dispensario di Ntita.
Qualche minuto prima, la sua voce decisa ma gentile mi aveva strappato dalla branda posta di fronte a una piccola finestra incapace di contenere una luna così grande.
E così mi ritrovai anch’io, incapace di contenere la meraviglia alla vista di tutti i bimbi che, di li a poco, avrebbero per la prima volta berciato a quel mondo e a quella luna matrigna che ancora non li voleva.
L’odore pungente del fenolo sembrava addobbare le pareti del piccolo ingresso e i lamenti strozzati di donne troppo stanche e deboli anche solo per inveire, arredava una stanza vuota.
E lì, in un angolo, buio, dove pure quella luna si teneva a distanza, in una fila silenziosa indugiavano le ombre scure in composta attesa delle donne che non sarebbero tornate a casa senza nulla in braccio.
Quella notte di giugno di qualche anno fa fu una notte di luna piena nella foresta di Kapanga, in Congo.
E quella notte 8 bambini urlarono al mondo per la prima volta. Alcuni senza una madre.
Soeur Maria, austriaca di Kapanga, un anno più tardi divenne parte di quella magnifica e brillante luna che solo in Africa sembra parlare. Quella stessa luna che l’aveva vista consumarsi e smettere di tenere il conto della sua età.
E di anni ne aveva vissuti più di 90.