La penisola di Yamal si estende dalla Siberia settentrionale fino al mare di Kara. A est si trovano le acque poco profonde del Golfo di Ob mentre a ovest c’è la Baia Baydaratskaya, una distesa d’acqua coperta di ghiaccio per la maggior parte dell’anno. Yamal nella lingua degli indigeni Nenets significa “la fine del mondo”. Siamo in un luogo remoto, battuto dal vento, coperto di ghiaccio e di arbusti nani. Siamo nella dimora del popolo dei Nenets, allevatori di renne da oltre mille anni. Oggi ne restano circa 40.000, vivono nella regione artica e tuttora allevano renne per sopravvivere.
I pastori Nenets si sono sempre spostati con le loro renne, viaggiando lungo antiche rotte migratorie. Durante l’inverno, quando le temperature possono scendere fino a -50 °C, la maggior parte dei Nenets porta le proprie renne su pascoli di muschio e licheni nelle foreste meridionali. Nei mesi estivi, invece, quando il sole di mezzanotte trasforma la notte in giorno, si lasciano alle spalle i larici e gli alberi di salice per migrare verso nord.
Rotte migratorie in pericolo
Oggi le rotte migratorie dei Nenets sono interessate dalle infrastrutture associate all’estrazione delle risorse del sottosuolo, principalmente gas destinato – tra gli altri – anche all’Europa. Le quantità di gas custodite nel sottosuolo siberiano sono enormi e hanno un valore così grande da rendere scomode la presenza e le necessità dei Nenets. La tundra è diventata difficile da attraversare per le renne e i loro pastori. Un crescente inquinamento minaccia la qualità dei pascoli e delle acque, dove i pesci stanno lentamente morendo. I Nenets temono che a causa del crescente sfruttamento di questo territorio non saranno più in grado di migrare. E, quando non potranno più farlo, per loro sarà la fine.
A causa dello scioglimento del permafrost, in alcune aree sono riaffiorate carcasse di animali seppelliti 80 anni fa a seguito di un’epidemia, provocando nuove epidemie di antrace tra la popolazione. Inoltre, qualche anno fa, un pastore ha scoperto i resti perfettamente conservati di un cucciolo di mammut di appena 6 mesi, seppellito nel permafrost della penisola di Yamal e riaffiorato a causa del disgelo. Si ritiene che sia morto 42mila anni fa.
Una vita in armonia con un ambiente al limite
La vita nelle città più vicine ha un altro aspetto e un altro ritmo. Spesso la vita nel chum – un tipo di capanna a struttura conica – è sostituita da una vita trascorsa all’interno di container per spostarsi a seconda delle esigenze delle compagnie di estrazione del gas. Le compagnie minerarie blindano ampie aree per proteggere i propri impianti, ma violentano la natura libera di questa terra splendida.
Ho trascorso con loro una decina di giorni, vivendo secondo i ritmi imposti da una natura ostile ma in un’armonia impensabile se non la si tocca con mano. Sono rimasto profondamente colpito da questa famiglia in grado di vivere in perfetta simbiosi con un ambiente polare così al limite.
Per i Nenets le terre e loro mandrie di renne rimangono di vitale importanza sia per il mantenimento della propria identità collettiva sia per la propria sopravvivenza. Le renne sono la loro casa, il loro cibo, il loro calore e il loro mezzo di trasporto. I cappotti di Nenets sono fatti di pelle di renna. I lazi sono fatti con i tendini. Gli attrezzi e parti delle slitte realizzati con osso. Le coperture delle tende sono anch’esse realizzate in pelle di renna, montate su pesanti pali.
I Nenets mangiano pesci come il salmone bianco e il muksun, un pesce bianco argenteo, e raccolgono il mirtillo di montagna durante i mesi estivi. La carne di renna, però, rimane l’elemento più importante della dieta dei Nenets. Si mangia cruda, congelata o bollita, insieme al sangue di una renna appena macellata, poiché ricca di vitamine. Ogni Nenets ha una renna sacra che non può per nessun motivo essere imbrigliata o macellata fino a quando non è più in grado di camminare.
Una tradizione tramandata dalle donne Nenets
Come in molte culture native anche tra i Nenets ci sono persone chiamate a tramandare lezioni di vita di generazione in generazione. Qui sono le donne che, preservando i costumi tradizionali e affrontando problemi contemporanei, raccontano ai bambini le storie dei loro avi.
Quando gli uomini vanno a caccia le donne istruiscono i bambini sui valori fondamentali del loro popolo così da mantenere l’ordine e incoraggiare la sicurezza sin dalla tenera età, assicurandosi che i più piccoli sappiano fin da subito analizzare criticamente situazioni pericolose e connettersi con l’essenza spirituale della cultura in cui sono nati.