In Costa Rica, lo sviluppo immobiliare sfrenato lungo le coste, si nutre in buona parte di massicce quantità di materiali alluvionali che derivano dai fiumi. Centrale in questo senso è il fiume Tempisque nella provincia di Guanacaste che ormai conta di concessioni minerarie per l’estrazione delle sue sabbie lungo quasi tutto il suo corso. Si pensi che nella medesima provincia le costruzioni a scopo residenziale e commerciale hanno portato rispettivamente ad incrementi del 90% e del 60% degli ettari costruiti solo tra 2022 e 2023. Allo stesso tempo le famiglie in condizioni di povertà estrema nell’ area sono passate dal 7,9% al 10,5%. Non è purtroppo una novità che più un settore diviene trainante, più veloce diviene la corsa dei grandi investitori all’appropriazione delle sue materie prime. Questo è ciò che sta avvenendo anche nel fiume Tempisque dove, negli ultimi anni, le imprese meccanizzate sono diventate titolari di diversi chilometri di concessioni per l’estrazione di sabbie, che bene rispondono alla domanda del mercato secondo ben accetti principi di massimizzazione dei profitti.
Qui, incastrati tra i metri concessionati alle braccia meccaniche, prova a resistere un’associazione di raccoglitori di sabbia artigianali. Questa è la storia degli areneros che per generazioni hanno vissuto dal fiume e per il fiume estraendone le preziose risorse a mani nude accompagnati da secchi e pale su piccole imbarcazioni trainante da buoi, in armonia con l’ecosistema e la sua sopravvivenza.
Una vita legata al fiume
L’associazione da oltre un secolo è riuscita a dare di che vivere alle famiglie dei suoi associati, che contano locali tanto quanto migranti, in prevalenza nicaraguensi, che attualmente formano gran parte della forza lavoro nel paese, essendo un quinto della sua popolazione. Le generazioni si mescolano, lavorando fianco a fianco, immersi nelle fresche acque del fiume sin dalle prime luci dell’alba. Il più giovane non ha ancora 15 anni mentre il più anziano ne ha oltre 80, 40 dei quali passati nelle acque del Tempisque. Si guadagna alla giornata sulla base della quantità di sabbia estratta. Il metro di misura sono le piccole imbarcazioni, che contengono circa 1 metro cubo di sabbia del valore di circa 15 dollari ciascuna. Un lavoratore esperto riesce a riempire circa quattro barche in una giornata lavorativa, con la sola forza delle braccia.
Le loro vite sono intimamente legate al fiume, nelle cui sponde piccole e fatiscenti baracche ospitano dai 2 e 3 areneros per tutta la durata della stagione lavorativa, ed alcuni tutto l’anno. È un lavoro duro, ma la vera vessazione non deriva dalle fatiche della giornata, ma piuttosto dalla non remota possibilità che tali fatiche non gli siano più concesse. Gli areneros hanno dovuto lottare per vedersi rinnovati i permessi di estrazione, negati loro per oltre 2 anni tra 2013 e 2015, mentre venivano aperte le porte all’efficienza delle braccia meccaniche. Mentre queste ultime iniziano già ad intaccare la falda freatica del fiume, gli areneros subiscono assidui monitoraggi per il rischio di contaminazione che i loro buoi potrebbero causare, motivo per cui i loro permessi durano la metà rispetto alle concessioni decennali delle imprese meccanizzate. La presidente dell’associazione non senza una buona dose di rancore lo spiega bene: “La leyes son para Los pobres” – le leggi sono per i poveri.
Un futuro incerto
Oggi gli areneros artigianali rappresentanti dall’associazione sono ridotti a poco più di 20, le cui ricadute rimangono comunque consistenti se confrontate con quelle dei 4-5 lavoratori che accompagnano le macchine delle imprese meccanizzate sempre più dominanti nel settore.
Questa è l’ennesima storia di un’altra realtà destinata a scomparire insieme ai suoi protagonisti ed ai loro valori e modus operandi, tanto in armonia con l’ambiente quanto poco efficienti, e per questo non appetibili neanche per il tanto decantato mercato dello sviluppo sostenibile.