Prendendo solo momentaneamente in prestito il nome di una famosa rubrica tecnico-divulgativa di motociclismo, appunto “Piega e Spiega”, vorrei portarvi dentro un mondo, anzi una regione, che per sua disposizione geografica è circondata da vette che superano i 7000 metri, e raccontarvi – o meglio spiegarvi – la storia delle sue strade.

Una regione di confine
Iniziamo collocando sulla cartina dell’India questa regione e provando a capirne le caratteristiche.
Il Ladakh si trova nel Nord-Est del Paese, incastonato tra la Cina e il Pakistan, in una posizione geografica unica e complessa. L’altitudine varia dai 2700 metri fino a oltre i 7000 metri, con un paesaggio prevalentemente roccioso e sabbioso, interrotto da rare oasi verdi lungo i principali corsi d’acqua e da enormi ghiacciai.
Chi percorre le sue strade nota subito, oltre ai panorami spettacolari, anche la forte presenza militare: la vera caratteristica di questa regione. Si incontrano basi, presidi logistici e lunghi convogli di camionette che si spostano in colonna per decine di chilometri. Alcune basi sono dedicate al supporto aereo, altre ai mezzi corazzati o alle squadre d’assalto. Molte di queste strutture restano invisibili: carri armati e contraeree sono ben nascosti tra le montagne, ma è evidente quanto il Ladakh svolga un ruolo strategico per l’India.
Nel 2020, nella valle di Galwan, si è verificato l’ultimo episodio a conferma di questa fragile geografia: uno scontro corpo a corpo (“hand-to-hand combat”) tra soldati indiani e cinesi, senza armi da fuoco. Un evento breve ma violento, che causò vittime da entrambe le parti e ricordò quanto questo confine resti indefinito e delicato.
Oggi, però, nonostante la forte presenza dell’esercito, non si percepisce tensione.
La vita prosegue normalmente e i militari convivono con la popolazione locale lungo tutte le arterie e i capillari stradali di questa regione impervia.

Chi costruisce le strade del Ladakh
Dietro quell’asfalto nero che corre tra montagne di sabbia e ghiaccio c’è la Border Roads Organisation, conosciuta semplicemente come BRO. È un’agenzia governativa indiana, nata nel 1960, con lo scopo di garantire collegamenti militari sicuri nelle zone di confine. Con il tempo ha esteso il proprio ruolo anche al settore civile, costruendo e mantenendo gran parte delle strade che attraversano l’Himalaya indiano, compreso il Ladakh.
Oggi la BRO è ovunque: nelle valli, ai piedi dei passi, nei villaggi e nelle gole dove l’aria si fa più sottile. Le sue insegne verdi sono ormai parte del paesaggio, insieme ai bulldozer, ai camion e ai gruppi di lavoratori che, giorno dopo giorno, mantengono viva la rete stradale più alta del mondo.
Il lavoro sul campo
Gran parte delle strade del Ladakh sono state costruite dalla BRO in condizioni che, a prima vista, sembrerebbero impossibili. Si lavora spesso tra i 4000 e i 5800 metri, dove anche respirare diventa un esercizio consapevole. Per operare a queste altitudini serve una preparazione specifica: chi arriva da regioni più basse dell’India deve trascorrere alcuni giorni di acclimatazione prima di poter affrontare turni completi. A quelle quote il corpo consuma più energia e mantenere uno sforzo fisico prolungato può diventare pericoloso.
Sorprende vedere quante persone sono impegnate su un singolo tratto di strada: a volte decine di operai lavorano su segmenti di appena cinquanta metri. Alcuni scavano, altri livellano o spostano pietre, altri ancora attendono il proprio turno. Non è inattività: è un sistema di rotazione pensato per evitare sforzi eccessivi e per mantenere un ritmo costante. Capita di vederli lavarsi le mani o il viso con l’acqua piovana raccolta nei barili del bitume esaurito, tra una pausa e l’altra, prima di tornare al lavoro.
Le attività manuali restano moltissime — posa di pietre, costruzione di muri di contenimento, rifacimento di argini — e i macchinari vengono usati solo dove il terreno lo consente.
Molti lavoratori vivono in tende temporanee montate lungo la strada, con cucine improvvisate e stufe a gasolio. Nei cantieri più grandi si formano villaggi provvisori, con tende più ampie, aree comuni e spazi in cui le famiglie possono trascorrere i mesi di permanenza. Spesso ci si trova in zone molto remote, lontane da Leh o dai principali villaggi, e la permanenza in queste aree può durare settimane o addirittura mesi, sia per la complessità dei progetti sia per la necessità di mantenere il personale pronto a intervenire in caso di emergenza. Dove è possibile, invece, i militari e parte del personale civile alloggiano nei campi dell’esercito, che fungono anche da basi logistiche. Molti lavoratori, infatti, appartengono direttamente all’ambiente militare o vi collaborano.
Lungo il percorso si incontrano anche impianti mobili di produzione di asfalto.
La BRO riceve il bitume liquido da altre regioni dell’India e lo utilizza in loco per preparare il conglomerato bituminoso necessario alla pavimentazione. Questo sistema consente di lavorare in autonomia, riducendo i trasporti verso le zone più attrezzate e velocizzando gli interventi in caso di frane o di deterioramenti. È una soluzione pratica, nata dall’esperienza diretta di chi conosce bene le difficoltà del lavoro a queste altitudini.

Un clima che non perdona
Il clima del Ladakh è tra i più estremi del pianeta. Le temperature possono variare dai 30 gradi in estate ai -50 gradi in inverno. Il vento soffia costantemente, solleva sabbia e pietrisco e rende difficile lavorare all’aperto per molte ore. Anche i mezzi ne risentono: i motori faticano ad accendersi, l’asfalto si spacca per gli sbalzi termici e il ghiaccio penetra ovunque.
Durante la stagione dei monsoni le frane sono frequenti e interi tratti di strada vengono spazzati via. Non appena le condizioni migliorano, la BRO torna a lavorare per rimettere tutto in sicurezza. Per questo motivo è facile trovare cantieri aperti o tratti interrotti per il rifacimento.
Alle volte, dopo un inverno particolarmente rigido, le strade vengono completamente scavate e ricostruite da zero. In estate, invece, il problema è opposto: il calore accelera lo scioglimento dei ghiacciai. Al mattino i corsi d’acqua restano contenuti, ma nel pomeriggio l’aumento delle temperature ne moltiplica il volume, creando veri e propri torrenti che attraversano la carreggiata. Nei casi più estremi l’acqua erode la montagna, trascinando a valle pietre e sabbia che finiscono sulle strade, interrompendole.
È un ciclo continuo: ogni inverno distrugge, ogni estate si ricostruisce.
Nonostante tutto, in pochi anni la BRO ha asfaltato circa l’80% della rete stradale del Ladakh, migliorando la viabilità e riducendo i tempi di percorrenza. Detiene anche il record del passo carrozzabile asfaltato più alto del mondo, a 5799 metri di altitudine. Un dato che, più di ogni altra parola, racconta la portata del loro lavoro.
Ricordiamo che tutto ciò avviene principalmente per scopi logistico-militari. Le strade del Ladakh non sono solo infrastrutture: rappresentano collegamenti umani, economici e strategici. Ogni chilometro di asfalto consente di trasportare viveri, carburante, medicine e materiali che altrimenti non arriverebbero mai. E dietro tutto questo ci sono centinaia di persone che affrontano il freddo, l’altitudine e la distanza da casa, spesso per mesi.
La BRO continua a operare con lo stesso approccio da oltre sessant’anni: metodo, adattamento e presenza costante. Il risultato è un territorio che, pur essendo tra i più difficili al mondo, resta collegato e accessibile.
Un equilibrio fragile ma concreto, fatto di strade, mani e volontà.

La sicurezza in chiave ironica
Voglio concludere con un tocco di ironia, la stessa che si trova lungo le strade del Ladakh.
Una delle cose che colpiscono chi viaggia qui sono i cartelli verdi della BRO dedicati alla sicurezza stradale. Sono ovunque e spesso fanno sorridere: frasi in inglese, scritte in rima o con giochi di parole, che invitano a guidare con prudenza.
Semplici, diretti e ironici, questi cartelli fanno parte del paesaggio e della cultura della strada himalayana.