Triestino di nascita, milanese d’adozione, porteño per destino. Appena può Gabriele Orlini ama tornare nella sua intima e malinconica Buenos Aires.
Non ha radici ma gambe e ha scelto di fare il mestiere del vento per non tradire quella sottile e vitale necessità di sentirsi altrove.
Racconta le storie dei singoli, uomini e donne che insieme formano quel puzzle scomposto chiamato Umanità e a cui tutti, in qualche modo, apparteniamo. Le racconta soprattutto per mezzo della fotografia, ma a volte anche con la scrittura, per dare una voce forte specialmente a quelle storie invisibili, perse nel marasma mediatico del quotidiano.
Ama entrare nelle storie forti e rimanerne, suo malgrado, impigliato.
Gabriele Orlini parla del travaglio dei profughi e delle loro speranze, di abuso sessuale e di violenza sulle donne dall’Africa al Sud America, di bordelli e di bambini soldato, di emarginati, … ma anche di sorrisi.